MARCO BELPOLITI, PHOTO LEVI (ACQUARIO EDITORE).
Primo Levi raccontato attraverso una serie di 27 fotografie che ritraggono lo scrittore in momenti privati, appuntamenti pubblici e sul lavoro con dettagli, espressioni e atmosfere poco conosciute.
La guida di questo viaggio nel libro
'Photo Levi', una sorta di biografia per immagini di famiglia o
di fotografi come René Burri, Mario Dondero, Basso Cannarsa, è
lo scrittore e critico letterario Marco Belpoliti, che ha
studiato per decenni il lavoro di Levi, curando l'edizione
dell'Opera completa. Nella lettura di questi ritratti Belpoliti
segue un metodo che ricalca quello dell'antropologia e ci
riporta uno dei registri più profondi del lavoro di Primo Levi:
cogliere l'uomo nel suo intimo attraverso gesti e segni minori.
E mentre ripercorre la via tortuosa che ha portato il chimico e
testimone della Shoah a diventare scrittore, Belpoliti non
nasconde la sua emozione e la passione per il lavoro di Levi.
La casa editrice Acquario celebra così, attraverso le pagine di
'Photo Levi' il giorno della memoria 2022. E, spiega l'editore,
dal 23 al 27 gennaio "pubblicheremo sui nostri profili social
(@acquariolibri) ogni giorno un passo di 'Photo Levi' che abbia
a che fare con la testimonianza della Shoah. Alcuni brani
saranno accompagnati da spezzoni dell'intervista con Marco
Belpoliti contenuta nel webside, (lo spazio digitale che
accompagna tutti i nostri titoli cui si accede attraverso un QR
code che si trova nelle prime pagine del libro), altri da
fotografie".
L'obiettivo è "diffondere il più possibile i racconti di e su
Primo Levi, far conoscere meglio uno dei protagonisti di questa
Memoria collettiva. Parlare a chi ricorda e a chi non sa. Siamo
convinti che il punto centrale del nostro lavoro sia la comunità
delle persone che leggono i libri che facciamo, puntiamo ad
allargarla. Più lettori significa una Memoria più forte". Le
annotazioni di Belpoliti sono spontanee, impressioni di un
lettore appassionato.
"Non sono molte le immagini che ritraggono Levi sorridente.
Basta cercare in rete per accorgersi che prevalgono quelle in
cui è serio o riflessivo, se non proprio corrucciato, come se a
lui fosse toccato in sorte il destino di assumere l'eterno ruolo
del testimone dell'Olocausto, parola che Levi non usava quasi
mai, così come non utilizzava Shoah. Un destino che lo ha
inchiodato a uno stereotipo. Però, come in tutti gli stereotipi,
qualcosa di vero c'è. Levi è stato il testimone dello sterminio
ebraico, anche se il suo libro si intitola Se questo è un uomo;
insiste sulla parola 'uomo', non su quella 'ebreo'; è un
discorso
universale" afferma Belpoliti.
E ancora: "In un'intervista del 1963, subito dopo la vittoria al
Premio Campiello con La tregua, dichiara: 'Io sono diviso in due
metà. Una è quella della fabbrica, sono un tecnico, un
chimico. Un'altra invece, totalmente distaccata dalla prima, ed
è quella nella quale scrivo, rispondo alle interviste, lavoro
sulle mie esperienze passate e presenti. Sono proprio due mezzi
cervelli. È una spaccatura paranoica".
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