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ROBERTO COTRONEO, LA NEBBIA E IL FUOCO (Feltrinelli, pp.144, 16 euro). Scavare nella memoria, storica e personale, per provare a ricostruire, dare valore, strappare all'oblio vicende che ancora potrebbero essere raccontate. E, in questo esercizio faticoso, indagare al tempo stesso dentro la propria coscienza, per capire quel "vizio ostinato" di tanti gesti mancati e di tante parole non dette, quel pudore a chiedere e dedicarsi all'altro che può essere scambiato per indifferenza quando invece è soltanto "inadeguatezza". Roberto Cotroneo torna in libreria con "La nebbia e il fuoco" (Feltrinelli, dal 15 aprile), "non un racconto, non un romanzo, non un saggio, ma un testo che si compie dentro uno spazio di pagine e di legature, con una copertina, un titolo, delle note, un ordine ancora tutto da stabilire", spiega l'autore stesso. In questa dichiarazione d'intenti, Cotroneo dice già molto di questo suo lavoro - tanto disincantato quanto toccante - in cui procede per frammenti sparsi, mescolando piani temporali e spaziali, ma sempre preservando una lucida coerenza. Ne "La nebbia e il fuoco" Cotroneo conduce il lettore ad Alessandria, sua città natale, un luogo da dove partire e dove forse non tornare, in cui le persone conservano un irrinunciabile riserbo e dove "il passato è un disagio, un inciampo, quasi un fastidio. Non resiste a niente. Le piccole storie consumano sé stesse". Qui avviene l'incontro casuale con Gepi, un vecchio amico che gli racconta una storia ormai sepolta dal tempo: quella di Aldo, l'amato maestro di inglese del liceo, che probabilmente aveva fatto parte della Resistenza. Forse Aldo aveva addirittura partecipato all'azione di Piazza Biffi, dove fu ucciso un colonnello. Ma era successo davvero? Cercando di ricostruire questa pagina storica, Cotroneo torna con la memoria alla figura di quel maestro straordinario, così importante per la sua formazione: mai didascalico, Aldo non dava voti, camminava tra i banchi e citava grandi autori spingendo i suoi ragazzi a "leggere" il mondo attraverso la letteratura, a sviluppare spirito critico e passione civile senza mai essere sopra le righe, evitando la retorica e l'ideologia, coltivando la misura. Aldo non parlò mai della Resistenza, così come non ebbe mai la tentazione di scrivere libri, anche se avrebbe potuto fare l'una e l'altra cosa. "Se oggi penso a uomini come come Aldo", scrive l'autore, "penso che si era in una vera e propria antropologia diversa.
Quelli come lui erano un'altra specie di uomini". Nel libro vediamo vagare Cotroneo nelle vie di una città indifferente, innocua e diffidente, che ha fatto di tutto per dimenticare i suoi trascorsi, seguendolo in un percorso tortuoso tra fatti storici e aneddoti di vita personale, sempre tenendo come faro l'insegnamento di Aldo, un uomo che ha saputo essere un maestro autentico. Nessuna sorpresa quindi che questo viaggio a ritroso si riveli anche un'indagine letteraria: nel tentativo estremo di provare a fare chiarezza su un passato che sembra inafferrabile ma anche sui suoi enigmi privati, Cotroneo ci regala incursioni nelle pagine di autori che sono giganti della letteratura - J.D.
Salinger, Jane Austen, T.S. Eliot, Samuel Beckett, Virginia Woolf - per guardare attraverso le loro parole dentro e fuori di sé. Un continuo andirivieni tra la coscienza dell'autore e il grande mare della Storia, per ricostruire tutti i tasselli di quel fatto, ormai lontano, di piazza Biffi. Ma la verità davvero si può raggiungere? O è una lotta impari contro i confini di un ricordo ormai offuscato dalla nebbia del tempo? "Mi sono illuso, o credo di essermi voluto illudere, che questa storia potesse stendersi su un tavolo come fosse una mappa, una carta geografica con i nomi delle persone, le loro posizioni, i luoghi. E anche la giusta percezione delle cose, del modo in cui avvennero. Per poi rimettere in ordine e raccontare. Ho mandato delle lettere, ho fatto delle domande. Mi è stato risposto. Ma più diradavo la nebbia di queste storie e meno rimanevo ad Alessandria, più provavo a chiarire e più le verità si allontanavano", scrive Cotroneo. Eppure, quella compiuta dall'autore non è stata un'indagine vana: è probabilmente una storia che il narratore si racconta per riempire i vuoti e i silenzi accumulati negli anni, un ripensamento a ciò che lo ha condotto fin qui, ma non solo. Perché a ben guardare, scrive Cotroneo, "nessun passato si cancella e nulla si dimentica davvero".
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