"Essere attori non vuole dire essere bravi interpreti ma avere la possibilità di poter trasmettere quella meravigliosa responsabilità di far sentire i sentimenti: in questo il teatro è poeticamente molto utile". E il Manfred di George Byron, l'antieroe che soffre il tormento dei demoni che lo rincorrono, è la nuova occasione per Glauco Mauri, di portare in scena quella che nella sua filosofia è la missione stessa del teatro. All'alba dei suoi 93 anni il grande attore e registra si lancia in una nova avventura: sarà il protagonista, come voce recitante, del concerto in programma al Teatro Costanzi giovedì 20 aprile, che vedrà sul podio dell'Orchestra dell'Opera di Roma il direttore musicale Michele Mariotti con uno dei grandi capolavori della letteratura musicale tedesca: Manfred, il poema drammatico in tre parti per soli, coro e orchestra, Op. 115 di Robert Schumann, tratto da George Byron. Manfred è un personaggio "pieno di colore e di sfumature", una dote, osserva Mauri in un'intervista all'ANSA, che "è sempre di aiuto per gli interpreti". Ma soprattutto è animato da un tormento che lo rende unico e forse anche per questo ci appare oggi un eroe post-moderno, lacerato dai fantasmi che lo perseguitano. "Lui è completamente in lotta con sé stesso: brama la morte ma l'aborre, lotta con il desiderio di farla finita e solo alla fine del dramma, quando ormai è sfinito da questa battaglia, dice al vecchi abate che gli è vicino: 'non è così difficile morire'" racconta Mauri affascinato dalle contraddizioni del personaggio "così pieno di altre riflessioni" rispetto a quel senso di colpa che lo attanaglia, specchio, probabilmente, della dolorosa esperienza del poeta che aveva dovuto lasciare l'Inghilterra, a causa di una presunta relazione incestuosa con la sorellastra Augusta Leigh. Maledetto, portatore di rovina, privo di pace, alla ricerca di una morte che non trova, ma anche dotto all'inverosimile: " la natura nascosta lui l'ha vissuta, lui sa tutto, tutto gli appartiene, ma questo non gli giova" osserva l'attore. Anche la composizione di Schumann "conserva tutto il suo dramma che non è solo amoroso, ma esistenziale". In questo, per Mauri, l'aforisma di Bertolt Brecht resta l'essenza del teatro: 'tutte le arti - cita - contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella di vivere'. "Amo questo personaggio perché credo che abbia provato tanti più sentimenti di quelli che provano le persone umane: è affollato di sentimenti " ripete Mauri che ha anche scelto le altre voci recitanti tra un gruppo di giovani attori, ex allievi dell'Accademia Nazionale d'Arte drammatica Silvio D'Amico. "Spero di aver passato loro non la mia bravura, ma l'insegnamento sull'umanità che offre il teatro. Io spero sempre che il mio lavoro serva agli altri e loro, di contro, hanno portato un fresco entusiasmo: le prove con Mariotti, il coro e l'orchestra sono state per tutti noi un'emozione molto forte. E sono io che mi sono sentito protetto da loro" racconta l'attore che ha in serbo un progetto proprio dedicato alle nuove leve. "Ci tengo molto a dirlo: con Roberto (Sturno) siamo in contatto con l'università di Roma e tra i lavori del prossimo anno non ci sarà tanto l'obiettivo di fare una tournée ma di parlare con i giovano di teatro, per dire loro che non esiste solo la tecnica che ci aiuta a descrivere i nostri sentimenti, ci vuole una tecnica dell'anima, che vuol dire parlare della vita. Insomma quello che vogliamo è portare a loro la poesia e l'utilità umana del teatro".
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