Sono stati tutti assolti perché "il
fatto non sussiste" i quattro imputati nel processo sui lavori
per la pista italo-svizzera che avrebbe dovuto ospitare la Coppa
del mondo di sci alpino Zermatt-Cervinia nel 2022 e nel 2023
(che non si sono mai disputate per le condizioni meteo
inadatte). Lo ha deciso il giudice di Aosta Maurizio D'Abrusco,
all'esito del giudizio abbreviato in cui erano imputati Federico
Maquignaz, presidente e amministratore delegato della Cervino
spa, società che gestisce le piste italiane, il suo
predecessore, Herbert Tovagliari, l'operatore della pala
meccanica che ha scavato e lo svizzero Franz Julen, presidente
del comitato organizzatore.
La procura di Aosta aveva chiesto una condanna a quattro mesi
di arresto e 3.600 euro di ammenda per ciascuno. Era contestata
la presunta realizzazione senza autorizzazione di uno
sbancamento - lungo 330 metri e largo otto - del ghiacciaio del
Teodulo. Secondo gli inquirenti, si tratta di una pista di
collegamento - tra quella della Coppa del mondo e la località di
Plateau Rosà - che non risulta nei progetti autorizzati. La
contestazione riguarda in particolare l'articolo 181 del Codice
dei beni culturali e del paesaggio, ovvero 'Opere eseguite in
assenza di autorizzazione o in difformità da essa'.
La pista 'Gran Becca' parte ai 3.720 metri di quota della
Gobba di Rollin, oltreconfine, e arriva ai 2.835 metri dei Laghi
di Cime Bianche, con un percorso per lo più su ghiacciaio e per
due terzi in territorio italiano. In Svizzera la denuncia di
alcune associazioni ambientaliste aveva portato nell'autunno
2023 allo stop parziale di alcuni lavori.
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