"Il nucleare torna a casa". Dal
calcio all'energia, lo slogan del premier britannico Boris
Johnson non cambia nel video messaggio diffuso per formalizzare
l'annunciatissima "nuova strategia energetica" del Regno Unito -
finora rinviata a causa dei contrasti in seno al consiglio dei
ministri su come finanziarla - di fronte al caro bollette
innescata dell'ascesa a livello mondiale dei prezzi del gas e di
altre fonti. Caro bollette che le conseguenze dell'invasione
russa dell'Ucraina ulteriormente aggravato in queste ultime
settimane sotto il segno delle sanzioni.
Johnson ha collegato "l'impennata" del costo degli
idrocarburi in primis proprio agli effetti "dell'aggressione di
Vladimir Putin", ribadendo l'impegno del governo Tory britannico
per un piano immediato da 9 miliardi di sterline di sussidi
destinato ad alleviare alle famiglie meno abbienti l'incremento
dei conti per luce e gas imposto (cifra considerata
insufficiente dall'opposizione laburista). Mentre a livello
strategico ha confermato non solo la volontà di rilanciare l'uso
in questa fase di transizione delle residue riserve nazionali
d'idrocarburi nel Mare del Nord, ma soprattutto di tornare di
espandere la rete d'impianti nucleari civili sull'isola:
passando dal limite indicato finora di "un nuovo reattore ogni
10 anni a un nuovo reattore all'anno". In totale il Regno
pianifica così di avere 7 centrali in più entro il 2050. Per il
primo ministro si tratta di un "ritorno a casa" del nucleare nel
Paese che "per primo ha realizzato la scissione dell'atomo". Una
tradizione che i governi precedenti (a cominciare dagli ultimi
guidati dal Labour) avevano "accantonato" su spinta dei
movimenti ambientalisti, ha affermato BoJo; ma che "questo
governo" è determinato a riproporre per "garantire un'energia
pulita e sicura alla popolazione britannica e alle generazioni
future".
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