Dimissioni a raffica nel cerchio
ristretto dei collaboratori di Boris Johnson. Per i media
britannici sono salite a cinque le partenze da Downing Street
iniziate ieri pomeriggio. L'ultima sarebbe quella di Elena
Narozanski, componente della Policy Unit, la cui responsabile,
la stratega politica Manira Mirza, aveva lasciato per protestare
contro le accuse rivolte dal primo ministro conservatore al
leader del Labour, Keir Starmer, sulla vicenda del defunto
pedofilo seriale Jimmy Savile.
Si sono fatti da parte anche Dan Rosenfield, capo della
staff, Martin Reynolds, responsabile della segreteria di Johnson
e il responsabile media Jack Doyle. Insomma, lo stato maggiore
del n.10 che ora si trova in grande difficoltà. Tre dei
collaboratori erano stati coinvolti direttamente nello scandalo
partygate, in particolare Reynolds e Doyle, ma per le modalità e
i tempi non sembrerebbe del tutto l'annunciata 'epurazione'
interna che Johnson aveva promesso dopo che sempre più dettagli
sui party 'illeciti' a Downing Street erano emersi, incluse le
rivelazioni del rapporto Gray anche rispetto all'indagine di
polizia in corso.
Alcuni componenti 'junior' del governo hanno affermato il
contrario, sostenendo come ha fatto il viceministro per le
Attività produttive Greg Hands, che il premier conservatore sta
facendo i cambiamenti annunciati. Hands ha però ammesso che il
caso di Mirza è "differente". Di sicuro sale la tensione per
Johnson già alle prese con l'inizio di una rivolta interna:
secondo la Bbc sono 17 i deputati Tory che hanno inviato la
fatidica lettera per chiederne la sfiducia ma per far scattare
il voto ne servono almeno 54. Non aiuta il fatto che il
Cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak, dato come uno dei
possibili pretendendi alla poltrona di BoJo, abbia preso
pubblicamente le distanze dal premier rispetto al suo attacco
contro il leader Labour.
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