(di Chiara Venuto) Gli Usa minacciano l'Europa coi dazi e l'Italia rischia molto.
Oltre 23mila imprese del nostro Paese sono "vulnerabili" alla domanda estera, e di queste quasi 3300 lo sono rispetto a quella statunitense (e 2800 a quella tedesca).
Lo spiega l'Istat nel suo Rapporto sulla competitività
dei settori produttivi.
Secondo l'Istituto, un'impresa è vulnerabile sul fronte delle
esportazioni quando queste sono concentrate geograficamente, su
pochi prodotti e rappresentano una quota importante del
fatturato. Ne si deduce che la guerra commerciale rischia di
colpire con più forza queste aziende vulnerabili, il cui numero
è tutto sommato esiguo (nel 2022 erano lo 0,5% del totale), ma
che impiegano oltre 415mila persone, generano il 3,5% del valore
aggiunto e il 16,5% dell'export totali. E avrà un effetto a
tappeto su tutte le altre alla luce del fatto che quasi la metà
del valore delle esportazioni italiane va fuori dall'Ue e il 10%
negli Stati Uniti.
Il declino dei rapporti Usa-Ue ha "un'importanza
considerevole" per il nostro Paese, il cui sistema produttivo è
cresciuto sostenuto "dalla domanda estera, a fronte di una
domanda interna debole o stagnante" e con flussi di export
orientati negli ultimi anni "verso i mercati extra-Ue,
soprattutto quello statunitense", spiega Istat. Il peso delle
esportazioni verso gli Usa è continuato a crescere in "pressoché
tutti i settori manifatturieri italiani", prosegue,
"confermandosi prevalente negli altri mezzi di trasporto, nella
farmaceutica e nelle bevande e diventando il primo mercato di
sbocco per i macchinari (al posto della Germania). Ciò ha
contribuito a generare un elevato surplus commerciale nei
confronti degli Stati Uniti", per 34,7 miliardi di euro nel
2024.
Quanto alle aziende vulnerabili all'offerta straniera
(import), nel 2022 erano circa 4600 (0,1% del totale), ma
avevano dimensioni medie maggiori (oltre quadruple), una
produttività del lavoro doppia rispetto alla media del sistema,
con circa 400mila addetti, il 5,7% del valore aggiunto generato
e, soprattutto, il 23,8% delle importazioni complessive. Molte
erano quelle dipendenti dalla Germania (891) mentre, per i paesi
extra Ue, 773 lo erano rispetto alla Cina.
L'Ue, commenta Istat, rischia di essere particolarmente
impattata dai dazi "a causa di un'apertura commerciale quadrupla
rispetto a quella degli Stati Uniti e più che doppia di quella
cinese", dato a cui si sommano le rigidità del mercato unico
europeo, con "significative barriere non tariffarie agli scambi
interni" che rendono difficile pensare a un modo per "compensare
le restrizioni dei flussi sui mercati extra-Ue con la domanda
interna Ue".
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