"Una norma-mostro che rischia di
mandare sul lastrico oltre 2 mila aziende con la conseguente
perdita di circa 200mila posti di lavoro". Gennaro Broya de
Lucia, presidente di Pmi Sanità - associazione nazionale delle
piccole e medie imprese che riforniscono gli ospedali e le
cliniche di materiali necessari a diagnosi e cure -, definisce
così l'imposizione del payback sulle imprese produttrici di
dispositivi medici. Meccanismo secondo cui tali aziende devono
concorrere a ripianare parte dello sforamento dei tetti
stanziati dalle Regioni, il payback ha visto la sua legittimità
confermata da due sentenze della Corte costituzionale il 22
luglio 2024.
"Siamo allibiti dalla risonanza mediatica e dalle discussioni
in atto nella maggioranza di governo su una tassa, quella sugli
extra profitti delle banche, che, giusta o sbagliata che sia,
non rappresenta che la minima parte dell'enorme problema venuto
a crearsi con la mega imposizione del payback ai fornitori di
dispositivi medici", dichiara in una nota Broya de Lucia.
Per le banche, incalza, "si parla di un 1-2% sui profitti. Nel
nostro caso invece, si chiede, senza battere ciglio, la
restituzione di più del 50% del fatturato. Che dire? Le
chiusure, inevitabili, e le ripercussioni su un sistema
sanitario già precario, saranno a dir poco devastanti anche per
il cittadino-paziente".
Per il presidente di Pmi Sanità "bisogna agire ora equilibrando
gli interessi tra le parti fino a recuperare meccanismi di
logicità e proporzionalità". L'attenzione "della premier Meloni,
quella dei ministri Tajani, Giorgetti e Schillaci e degli altri
esponenti del governo si rivolga anche al nostro strategico
settore colpito assai più duramente delle banche", conclude
Broya de Lucia.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA