(di Paolo Rubino)
Il presidente di Federacciai,
Antonio Gozzi, è convinto di essere stato escluso dalla corsa
alla presidenza di Confindustria per una "scelta del tutto
politica dei saggi", sostiene che è stata ignorata la "realtà
matematica" sul consenso alla sua candidatura. Andrà avanti nel
chiedere la riammissione e, pur essendosi già appellato e dopo
le conclusioni dei saggi che hanno misurato il consenso, non
esclude che la sua battaglia possa portare anche ad un ricorso
giudiziario: "Vedremo", dice.
In via dell'Astronomia è il giorno del confronto sui
programmi dei candidati ammessi al voto di designazione del 4
aprile, Edoardo Garrone ed Emanuele Orsini. Doveva essere un
momento di ragionamento sulla Confindustria dei prossimi quattro
anni, direttamente tra i candidati ed il consiglio generale che
tra due settimane voterà per designare il prossimo leader degli
industriali, ma i temi dello scontro hanno rubato la scena.
Per ricostruire il clima bisogna fare un passo indietro. Si
apprende che lunedì scorso Antonio Gozzi ha inviato una lunga
lettera ai saggi, ai probiviri, al presidente di Confindustria:
ha chiesto la riammissione della sua candidatura ragionando su
quanto accaduto e sulle regole dello statuto, su come sono state
applicate, su come interpretarle. E' un ricorso che Gozzi firma
due volte, una come candidato ed una come presidente di
Federacciai. La risposta dei probiviri arriva il giorno dopo:
sottolineano che la misura del consenso (determinante perchè chi
raggiunge il 20% dei voti assembleari è ammesso di diritto al
voto) è di esclusiva competenza della commissione dei saggi e le
regole sono precise e inderogabili; i probiviri chiedono poi a
Gozzi un "intervento diretto" che possa mettere fine a
comportamenti in contrasto con le regole: probabilmente è un
riferimento alle lettere con cui alcuni industriali hanno
protestato per la sua esclusione.
In consiglio generale è poi arrivata la relazione dei saggi
che - per statuto - hanno vagliato le candidature: il consenso
riscontrato per Gozzi - hanno riferito - è, dopo più verifiche,
pari al 13,36%, sarebbe salito al 15,94% considerando anche
dichiarazioni di voto considerate tardive o non valide: non
scatta l'ammissione di diritto ma viene scartata anche la
possibilità di una ammissione discrezionale: viene evidenziato
un significativo distacco rispetto ai due candidati ammessi.
Il presidente di Federacciai sostiene di aver dimostrato un
consenso intorno al 25% e non accetta il verdetto: "Dobbiamo
capire le motivazioni per le quali delibere di associazioni
territoriali e settoriali molto importanti non sono state
considerate idonee. Quando vedremo quali sono le motivazioni
useremo le regole della giustizia interna di Confindustria per
tutelare non tanto il mio diritto quanto di tutti quelli che mi
hanno espresso consenso. Un pezzo importantissimo di manifattura
italiana non ha avuto l'opportunità di votare un candidato".
Pubblicamente interviene il past president di Confindustria
Luca Cordero di Montezemolo: ci si candida, ammonisce, "per
servire il mondo dell'industria con spirito di servizio e non
per servirsene. Ho assistito con dispiacere a quanto avvenuto
negli ultimi giorni, con comportamenti e iniziative fuori dalle
regole statutarie, mai accadute prima"; bisogna "recuperare
credibilità e prestigio". E' un punto in comune nella
presentazione dei programmi di Garrone e Orsini - racconta chi
era presente -: difendere l'autorevolezza di Confindustria, i
suoi valori di autonomia e di servizio al sistema-Paese. Durante
la riunione un sentito applauso è stato dedicato ad Alberto
Marenghi che ha portato avanti la sua candidatura con grande
discrezione e si è poi ritirato dalla corsa con una lettera - è
stato notato - "bella, molto costruttiva".
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