STEFANO VICARI, DANIELA LUCANGELI, ALBERTO PELLAI, DARIO IANES, 'GUERRA. LE PAROLE PER DIRLA (ERICKSON, PP.144, EURO14.90)
Come parlare della guerra ai bambini, ai ragazzi e a noi stessi? A oltre 100 giorni dallo scoppio del conflitto in Ucraina viene proposta una riflessione a più voci sulle forme e modalità di racconto della realtà più difficile e spaventosa dei nostri giorni nel saggio 'Guerra. Le parole per dirla' che sarà in libreria il 27 giugno per Erickson, con un'intervista alla senatrice Liliana Segre.
Gli autori sono gli psicologi, pedagogisti e neuropsichiatri italiani Stefano Vicari, Daniela Lucangeli, Alberto Pellai e Dario Ianes con a corredo le indicazioni operative diffuse da realtà come l'Unicef e l'American Psychological Association -Apa sui modi di parlare della guerra con i minori e di riconoscerne i segnali di disagio.
"I l mio è sempre stato uno sforzo di non trasmettere la memoria come fatto nozionistico, semplice 'narrazione' di fatti: ho sempre cercato di stimolare giovani e adulti (...) a essere attivi protagonisti della Storia stessa, a prendersi responsabilità, a non girare mai la testa dall'altra parte, ad accogliere chi fugge dalla guerra, dalla fame, dalle persecuzioni. Solo così la Storia diventa coscienza civile" spiega Liliana Segre.
Nel libro Vicari mostra come le giovani generazioni abbiano bisogno di un allenamento al pensiero indipendente che va condotto, sotto la guida di genitori e docenti, sin dalla primissima infanzia. Mentre Pellai sottolinea la necessità che gli adulti si pongano come la base sicura che offre protezione e sostegno ai più piccoli, contro la confusione e la paura spesso generate dalla difficoltà di ragazzini e ragazzine di relativizzare le immagini esterne al proprio contesto di riferimento. Lucangeli si sofferma sulla comprensione e scorretta gestione del meccanismo psichico che contrappone all'empatia la paura, il pregiudizio e l'aggressività e incoraggia genitori e insegnanti a rifiutare la polarizzazione tra "buoni" e "cattivi" nel presentare i fatti e a lavorare invece sulle emozioni. Dario Ianes osserva il problema nell'ottica concreta del lavoro in classe, sottolineando come la scelta di portare a scuola le questioni controverse del nostro tempo costituisca un ottimo strumento per aiutare alunne e alunni a sviluppare le capacità di pensiero, di relazione e discussione.
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