Giovanni Oggioni, l'ex dirigente
comunale milanese arrestato ieri in uno dei filoni delle
inchieste sull'urbanistica, oltre a muoversi come "cerniera" tra
pubblico e privato per favorire gli interessi delle imprese
edili e a "dettare", assieme a Marco Cerri, progettista
indagato, la proposta di legge Salva Milano attraverso canali
politici, avrebbe delineato una sua strategia per cercare di
contrastare le indagini della Procura, lamentandosi che la
giunta scegliesse, invece, altre strade.
E' quanto si legge nella richiesta di custodia cautelare
firmata dai pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro
Clerici. Come risulta da un'intercettazione dello scorso
settembre tra Oggioni, vicepresidente della Commissione
paesaggio fino a gennaio scorso, e un altro componente, il
68enne ex direttore dello Sportello unico edilizia si lamentava
perché, a suo dire, con le inchieste in corso e i cantieri
fermi, il sindaco Giuseppe Sala, riassumono i pm, sarebbe dovuto
"andare dal Procuratore Generale e portare delle modifiche al
Pgt", piano di governo del territorio, "per risolvere". E
affermava che se lui "fosse stato al posto di Tancredi",
l'assessore milanese alla Rigenerazione urbana, "sarebbe andato
dal sindaco, avrebbe preso tutte le convenzioni" sui progetti
edilizi e contestate dalla Procura, "le avrebbe portate in
Giunta e le avrebbe fatte validare in modo tale che la Procura
non avrebbe potuto dire niente".
Sempre dagli atti del pool dell'aggiunta Tiziana Siciliano e
della Procura diretta da Marcello Viola, emerge come Oggioni
avrebbe "brigato per pilotare le candidature e le nomine dei
componenti della commissione per il paesaggio", centrale nel far
passare, secondo l'accusa, i titoli edilizi non a norma,
"facendo in modo che fossero esclusi i 'rompicog....'", in
particolare un architetto "e altre due colleghe del consiglio
dell'ordine".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA