(di Nina Fabrizio)
Manipolazioni, blasfemie, sottili
sistemi di controllo su ogni aspetto della vita:
l'abbigliamento, il cibo, il lavoro, il distacco dalla famiglia.
Un sistema raffinato che rendeva le suore doppiamente vittime:
schiave sessuali e schiave delle produzioni di mosaici negli
atelier artistici di Marko Rupnik. Un sistema perverso, di cui
la Chiesa si è accorta troppo tardi secondo l'avvocato Laura
Sgrò che sta conducendo per conto delle vittime una battaglia
legale durissima: dopo anni di omissioni, negligenze, ritardi, è
stato aperto un procedimento contro Rupnik nel Foro canonico. La
cui storia, proprio mentre importanti sviluppi si attendono
dalla Dottrina delle Fede, la legale ha ora deciso di mettere
nero su bianco nel libro-inchiesta sugli abusi dell'ex gesuita e
noto artista sloveno, "Stupri sacri. Le storie di Gloria,
Mirjam, Samuelle e di tante altre suore che si sono ribellate
agli abusi dentro la Chiesa" (Rizzoli). A sfogliarlo, vengono i
brividi. "Mi baciò sulla bocca e sul seno dicendomi che così
baciava l'altare dove celebrava l'eucarestia", racconta Gloria,
una delle vittime. Una sovrapposizione blasfema tra atto
sessuale e liturgia che rappresenta "l'essenza del trasbordo
ideologico - scrive Sgrò -, dove il sacro viene utilizzato per
legittimare la violenza. Dio usato per abusare". La
manipolazione si estendeva fino a distorcere il concetto stesso
di Trinità. Gloria ha ricordato come Rupnik le dicesse che il
loro rapporto "non era esclusivo ma a immagine della Trinità,
quindi senza possesso", utilizzando uno dei più profondi misteri
della fede cristiana per giustificare i rapporti sessuali di
gruppo.
"Il caso Rupnik - afferma Sgrò - è uno degli scandali che la
Chiesa con più forza vuole nascondere sotto il tappeto. Padre
Marko Rupnik è accusato di abusi sessuali, psicologici e
spirituali su donne consacrate appartenenti alla Comunità
Loyola, da lui fondata con la suora Ivanka Hosta negli anni
Ottanta in Slovenia". Le accuse iniziarono a emergere nel 2021,
quando Gloria per prima ne denunciò i comportamenti gravemente
abusanti, inclusa la manipolazione spirituale e l'uso della
confessione come mezzo per giustificare atti sessuali. Quello
che emerge è un vero e proprio sistema, "fondato sulla capacità
di trasformare la libera scelta vocazionale delle suore in una
forma di sottomissione totale - si legge -, attraverso un
meccanismo che ribalta il senso stesso della Regola di
Benedetto. Infatti, se la Regola benedettina parla di obbedienza
come strumento di crescita spirituale all' interno di una
comunità che protegge e sostiene, nel 'sistema Rupnik'
l'obbedienza diventa uno strumento di totale annientamento".
Racconta Gloria: "ero completamente confusa, lui era il mio
direttore spirituale, nonché della Comunità Loyola: mi sentivo
in trappola non potendo parlarne con nessuno". Il processo di
assoggettamento iniziava sin dai primi contatti. Klara ha
ricordato come Rupnik, quando lei aveva solo sedici anni,
"cercava di stabilire un contatto con me confidandomi di essere
un artista". C'era poi la creazione di una gerarchia interna
alla Comunità che rafforzava il sistema di controllo.
Mirjam ha descritto come la Comunità Loyola venne divisa in
due gruppi: "Il primo, composto dalle sorelle più forti che
potevano decidere sulla vita delle altre sorelle; le seconde,
considerate meno forti, meno brave, meno spirituali".
Ma c'è anche un altro aspetto che emerge: lo sfruttamento che
Rupnik faceva delle consacrate anche per la realizzazione delle
imponenti opere d'arte e l'oscuro ruolo, nella complessa
organizzazione economica, di società come la Marossoroblu,
costituita nel 2021. "Per quanto riguarda i costi delle opere -
svela Sgrò - , le cifre sono impressionanti: Il lavoro al
santuario di Padre Pio è costato ai frati minori cappuccini più
di sei milioni di euro (il cantiere è stato aperto dal 2009 al
2013), secondo quanto riferisce una fonte interna al santuario".
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