Il Consiglio di Stato ha sollevato
la questione di legittimità costituzionale della parte del
decreto legge 'milleproroghe' del 2019 (articolo 13, comma 3)
che ha avuto come conseguenza "il ritardo, peraltro più volte
reiterato, dell'aggiornamento del Pef (Piano economico
finanziario) e dell'adeguamento delle tariffe" di società
concessionarie autostradali. La sentenza non definitiva
(294/2025) riguarda due ricorsi della Rav (Raccordo autostradale
valdostano) spa, che gestisce il tratto di autostrada A5
Aosta-Traforo del Monte Bianco, contro il ministero delle
Infrastrutture e dei trasporti. Il Tar della Valle d'Aosta aveva
infatti respinto le richieste della società - controllata
indirettamente da Autostrade per l'Italia - che, forte di una
convenzione, chiedeva di ottenere gli incrementi tariffari
negati dal ministero per il 2020 e il 2021.
Per i giudici della quinta sezione del Consiglio di Stato,
"la posticipazione dei termini procedimentali" produce "effetti
distorsivi in quanto altera la corrispondenza fra fruizione del
bene e pagamento del relativo pedaggio e ne allontana nel tempo
la corrispondenza, potenzialmente riverberandosi su fruitori
futuri, che fruiscono di un bene che non corrisponde (più) a
quello considerato nel pedaggio corrisposto".
Inoltre "pregiudica le capacità programmatorie e di
ottenimento delle risorse necessarie per lo svolgimento
dell'attività di impresa" con "conseguente violazione
dell'articolo 41 della Costituzione". La questione di
legittimità costituzionale riguarda anche gli articoli 3, 11,
77, 97 e 117.
Quasi un mese dopo questa pronuncia (datata 15 gennaio), il
13 febbraio scorso, con un'ordinanza, il Consiglio di Stato ha
sospeso il giudizio per un altro ricorso di Rav - che chiede un
rincaro del 21,51% per le tariffe 2023 - in attesa
dell'espressione della Consulta.
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