Silenzio assordante. Persino surreale. Mentre il mondo - soprattutto l'Occidente - ricorda il centenario dell'Ottobre Rosso, il Paese in cui tutto accadde, che nella Rivoluzione ci entrò come Russia imperiale per uscirne Unione Sovietica, attende l'arrivo del 7 novembre quasi con fastidio. "Non c'è nulla da festeggiare", ha tagliato corto il portavoce del Cremlino commentando l'assenza di un programma commemorativo 'ufficiale'. Una rimozione che però la dice lunga sulla Russia odierna e le sue paure.
La catena di eventi che portarono la Russia zarista a sperimentare il socialismo immaginato da Marx e Engels è lunga e si cristallizza in quel 25 ottobre del 2017 - le date non coincidono a causa del calendario giuliano allora in vigore - quando, comparendo davanti alla seduta straordinaria del Soviet di Pietrogrado, Lev Trockij (erano le 14:30) proclamò lo "scioglimento" del governo provvisorio presieduto da Kerenskij e, poco dopo, Lenin decretò "la realizzazione della rivoluzione" dei proletari e dei contadini. Non era vero nulla (non ancora) ma a cascata la cronaca si trasformò in storia con la 'S' maiuscola e intorno alle 21:40 l'incrociatore Aurora aprì famosamente il fuoco contro il Palazzo d'Inverno (con effetti più che altro psicologici, i cannoni spararono a salve). Nel corso della notte la presa del potere sarà conclamata. Mosca, grazie alla Rivoluzione, torna ad essere la capitale e oggi, cento anni dopo, San Pietroburgo - dove è nato il presidente Vladimir Putin - viene considerata la città della cultura, raffinata per natura, ma lontana dai giochi politici; sarebbe dunque il palcoscenico perfetto per tentare una sintesi, battere un colpo, per quanto flebile, e offrire a quel mondo che celebra la Rivoluzione un punto di vista finalmente russo.
Ad andarci vicino, ironicamente, è stato l'italiano Valerio Festi, proprietario dell'omonimo studio che da qualche anno incanta il centro di Mosca con luminarie natalizie d'ispirazione barocca. "L'idea - racconta - era quella di affrontare la Rivoluzione partendo dall'abolizione della servitù della gleba nel 1861, descrivendo le grandi trasformazioni sociali del Paese, con un grande spettacolo di massa". Il progetto aveva incontrato il favore del governatore di San Pietroburgo e si viaggiava spediti verso la produzione ma poi chi doveva firmare le carte finali è scomparso e "non se n'è fatto più nulla".
Persino questo taglio, che volutamente aveva lasciato da parte le implicazioni politiche dell'Ottobre Rosso per manifesta avversione delle 'alte sfere', è stato giudicato evidentemente troppo spinoso. Dunque, come ha giustamente notato lo storico Ivan Kurilla sulle colonne di Vedomosti, se a Parigi, per i 100 anni della rivoluzione francese, è comparsa la Tour Eiffel e a New York, per il centenario della rivolta contro la Gran Bretagna, è spuntata la statua della Libertà (sebbene un po' in ritardo e sempre con lo zampino francese) il massimo a cui può aspirare Mosca è il memoriale dedicato alle vittime delle repressioni staliniane inaugurato da Putin nella Giornata della Memoria, in calendario nei pressi dall'anniversario della Rivoluzione per puro caso. Non tutti, naturalmente, si voltano dall'altra parte.
I Comunisti guidati dall'eterno leader Gennady Zyuganov si preparano a una settimana di festeggiamenti, dalla Corea del Nord è partita una delegazione per prendere parte all'evento e l'Ermitage di San Pietroburgo, proprio il 25 ottobre, ha inaugurato una grande mostra che sfata i miti della Rivoluzione e ripercorre le tappe cruciali raccontando i fatti come sono accaduti realmente. Ma sono pannicelli caldi. La verità è che il centenario cade a pochi mesi dall'inizio della campagna elettorale per le presidenziali e il Cremlino vigila perché la narrazione principale del putinismo, stabilità e ricostruzione dello Stato-Nazione, non venga disturbata in alcun modo.
Lo 'zar' in verità non ha mai nascosto la sua avversione per il caos provocato dalla Rivoluzione e ha espresso l'augurio che l'anniversario possa essere "interpretato dalla nostra società come un simbolo per superare le divisioni". Salvo però ricordare all'Occidente, in un recente intervento, che è stata proprio la Rivoluzione, con le sue radicali riforme, a spingere il capitalismo a mostrare il suo volto migliore. La storia - sempre quella con la 'S' maiuscola - è d'altra parte perfida e il giro di boa dei cento anni avviene mentre le piazze si riempiono di giovani manifestanti affascinati dalla 'buona novella' di Alexei Navalni, il blogger anti-corruzione che entra ed esce dalle patrie galere. Il contesto è profondamente diverso ma l'unica costante, nella Russia di ieri e di oggi, è che gli eventi a questa latitudine possono precipitare in modo vorticoso e imprevedibile. Meglio dunque passare dalla grande Rivoluzione alla grande Rimozione.
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