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Romana Petri e Flannery O'Connor, la ragazza di Savannah

Romana Petri e Flannery O'Connor, la ragazza di Savannah

Scrittrice racconta altra scrittrice a cento anni dalla nascita

ROMA, 23 marzo 2025

di Elisabetta Stefanelli

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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ROMANA PETRI, 'LA RAGAZZA DI SAVANNAH' (Mondadori, pag. 267, euro 19.50)

Si chiama 'Mise en abyme' la tecnica di replicare all'infinito, con copia sempre uguale ma più piccola, un'immagine, un testo, un episodio o una situazione narrativa.
    Una miniatura insomma che contiene un mondo, un universo e che nel procedimento contrario potrebbe espandersi all'infinito, ingigantirsi. Una storia nella storia, contenente mille rivoli di altre storie. È quello che mi viene in mente leggendo 'La ragazza di Savannah', in cui Romana Petri affronta la vita, anzi scrive il romanzo della vita di un'altra scrittrice, Flannery O'Connor, di cui il 25 marzo cade il centenario della nascita avvenuta a Savannah appunto nel 1925, mentre morì nella fattoria di Milledgeville, il 3 agosto 1964 ad appena 39 anni. Una delle più grandi scrittrici che il Novecento americano abbia avuto, alla nascita Mary Flannery O'Connor, prima che la decisione di scrivere le facesse scegliere un nome che stampato sulla copertina di un libro poteva essere anche scambiato per quello di un uomo.

Nel 2023 Romana Petri, nella prefazione alla raccolta di racconti pubblicata da minimum fax de Il geranio e altre storie, nella traduzione di Gaja Cenciarelli (altra scrittrice che adora O'Connor), scriveva che "amore e rabbia hanno dominato la sua vita. L'amore le ha fatto accettare la grazia, a qualunque prezzo. Ma la rabbia l'ha tenuta in piedi fino all'ultimo. E lei non aveva dubbi, per amare ci voleva anche tanta, tantissima rabbia". Ed è sicuramente questa commistione di sentimenti contrastanti, così vicina anche all'autrice di Mostruosa maternità, Rubare la notte e Tutto su di noi, tanto per citare le sue ultime prove, ad attrarre Petri. Come fosse l'incanto tra due anime stregate dalla passione letteraria, la scrittrice con la stampella metallica, gli occhi blu, l'amore per galline e pavoni, la fede sopra a tutto, la vita di malattia e privazioni, che incatena l'autrice di questo romanzo-vita ad una sofferenza gioiosa. È tutto un ossimoro del resto anche la vita di Flannery, come lo sono i titoli dei suoi libri, da La saggezza nel sangue a Il cielo è dei violenti, in Italia pubblicati sempre da minimum fax.

E Petri ne fa un vero romanzo nel romanzo, storia di donne che combattono, madre e figlia, contro un ambiente ostile, in un sud chiuso e bigotto. Flannery è prima di tutto una ribelle, che muore a soli 39 anni consumata da quel lupus che già aveva stroncato da giovane l'amatissimo padre, il primo ad intuirne la genialità già nella sua infanzia di bambina originale. Così come sono i suoi personaggi, sempre cattivi, ottusi, violenti e crudeli, così ostili e respingenti che la madre non riusciva a leggere le sue storie pur amandola profondamente. Una donna appesa alle sue stampelle con rabbia, che fino all'ultimo giorno, sul letto di morte, pestava ossessivamente sui tasti della sua macchina da scrivere per rivedere in modo maniacale, ossessivo la pagina che non le sembrava mai del tutto finita. E in tutto questo, ha ragione Romana Petri, non c'è che tanto amore.

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