"Questo tavolo lo ha fatto la
guerra, io l'ho solo assemblato: mi piacerebbe che diventasse un
tavolo anatomico dove la gente si possa sdraiare per essere
sviscerata, tolte le viscere, come accordarsi; mi piacerebbe
allungarlo il più possibile perché in tanti ci si possano sedere
per trattare, una cosa alla quale oggi si sfugge; ci sono ancora
tante persone che non vogliono incontrare altre persone": quello
a cui fa riferimento Alessandro Bergonzoni è il Tavolo delle
Trattative, un'opera che l'attore bolognese ha realizzato da una
tavola bianca e piana sostenuta da 8 gambe fatte di protesi di
uomini, donne e bambini mutilati negli oltre 50 conflitti sparsi
nel mondo.
Bergonzoni utilizza l'arte per riflettere sulla guerra: un
tavolo dove si esplorano le cause degli scontri e si propone un
impegno verso la pace. L'installazione è stata presentata il 5
febbraio in anteprima nella Sala della Cultura di Palazzo Pepoli
a Bologna in occasione di Art City: sabato 8 febbraio sarà
visitabile dalle 20 a mezzanotte durante la White night; il 10,
invece ci sarà la performance-dibattito: "Tavolo delle
Trattative" tra l'artista e alcuni rappresentanti delle realtà
civili politiche e religiose del territorio (l'Arcivescovo di
Bologna e presidente della Cei, Matteo Zuppi, l'Imam della
Comunità Musulmana Yassine Laframe, il presidente della Comunità
Ebraica bolognese Daniele DePaz e il sindaco di Bologna Matteo
Lepore).
L'installazione è accessibile dal 5 al 10 febbraio con
ingresso libero. "Da tempo volevo realizzare un'opera, una
installazione artistica per unire appunto arti ad arte, per
trasformare mutilazioni in azioni, un gesto, simbolo di quanto
continua ad accadere nel mondo - ha spiegato Bergonzoni -. Un
tavolo, quindi, delle Trattative che poggiano materialmente su
arti artificiali, di quelli che le gambe le hanno perdute, ma
che nonostante tutto sostengono, metaforicamente, simbolicamente
e architettonicamente, il peso dell'appoggiarvisi, intavolando
compromessi, diplomazia e strategie altre". Un'iniziativa,
quindi, che vuole essere un momento di riflessione collettiva su
pace, diritti, non violenza e la necessità di un cambiamento
radicale nel modo di concepire i conflitti.
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