Paolo Petroni
A 120 anni da quando fu scritto da
Maksim Gorkij, mostrando, per denunciarla, la vita dei vagabondi
e poveri diseredati della Russia di allora e a 75 da quando
Giorgio Strehler lo fece conoscere allestendolo per l'apertura
del Piccolo di Milano, ''L'albergo dei poveri'', conosciuto
anche come ''Bassifondi'' o ''Nel fondo'' nelle varie versioni
teatrali e cinematografiche, viene riproposto, in un adattamento
con tratti contemporanei firmato da Emanuele Trevi, con bel
successo e forza espressiva da Massimo Popolizio, regista e
interprete, prodotto dal Teatro di Roma, dove ha debuttato e si
replica sino al 3 marzo all'Argentina, e il Piccolo.
Un dramma dalla scrittura particolare, frutto di quel
realismo russo che porta con se sempre un po' di lirismo e un
valore esistenziale: ''Siamo tutti pellegrini su questa
terra.... e ho sentito dire che anche la terra stessa sia
pellegrina nel cielo''. Quindi da leggere e rappresentare oggi
trovando una sorta di via di mezzo tra questi aspetti, senza che
venga meno la metafora, come riesce a Popolizio che si presenta
come una sorta di nocchiero, che dice di aver pensato quasi
fosse la stiva della nave della società, il mondo di sotto, dove
vivono un gruppo di poveri sfruttati dalla coppia padrona del
luogo.
Insomma, il dramma è lo specchio di un'umanità derelitta,
misera, emarginata, che sopravvive grazie ai sogni,
all'immaginarsi altro, in una situazione quasi pirandelliana, in
cui interviene persino una sorta di Laudisi dallo sguardo altro
con la figura di Luka ironicamente sapienziale ci dà vita lo
stesso Popolizio, uomo di passaggio tra il truffatore e il
portatore di conoscenza, che arriva e con le sue affermazioni
semina inquietudine, e, invitando a conquistarsi la propria
libertà, illude gli altri.
La verità è che in questo mondo di miseria ma di umanissime
passioni, di amori e sesso, di odi, di sfide, di fatica e
soprattutto di eterne bevute di vodka, che aiuta a ''non sentire
più nulla'', bisogna pur sopravvivere e allora tutti vivono in
bilico tra quel che forse sono davvero stati e un alienato gioco
delle parti. Con inserti vivo come lo sono alcune battute prese
da Cechov, Puskin sino a Corman McCarthy.
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