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Semo o nun semo, Nicola Piovani e le canzoni romane

Semo o nun semo, Nicola Piovani e le canzoni romane

Al Teatro Olimpico dal 12 al 17/3 lo spettacolo del premio Oscar

ROMA, 05 marzo 2024, 15:45

Redazione ANSA

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-     RIPRODUZIONE RISERVATA
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Prende il titolo da una delle canzoni in dialetto romano di Romolo Balzani ''Semo o nun semo'', lo spettacolo del premio Oscar Nicola Piovani che torna al Teatro Olimpico, ospite della stagione dell'Accademia Filarmonica Romana dal 12 al 17 marzo. Nato per i festeggiamenti del centenario di Villa Borghese, il lavoro mantiene intatta a poco più di vent'anni dal debutto tutta la bellezza di una serata dedicata alla tradizione musicale romana. Lo spettacolo, su testi di Pietro Piovani, il nipote, si arricchisce del racconto dello stesso Nicola Piovani (anche in veste di pianista), sul palco insieme alle voci di Sara Fois, Donatella Pandimiglio, Pino Ingrosso, Carlotta Proietti e l'attore Massimo Wertmüller accompagnati dall'Ensemble Aracoeli. Sarà una sorta di drammaturgia a base di canzoni romane, come un canzoniere della Vecchia Roma del Novecento ove si ritrovano anche citazioni di Trovajoli, stornelli e serenate. Romolo Balzani, che con le sue canzoni ha incarnato lo spirito della romanità, verrà ricordato con altre sue composizioni, come San Giovanni, L'eco der core e Barcarolo romano. Tra le chicche, Na serenata a Ponte (giunta a noi per tradizione orale, raccolta e rielaborata da Piovani), Affaccete Nunziata, Nina si voi dormite, Canzone a Nina di Petrolini insieme alla più famosa Tanto pe' cantà. E ancora Lulù di Aldo Fabrizi, Serenata sincera, Roma forestiera, e Com'è bello fa' l'amore quando è sera, uscita all'inizio della seconda guerra mondiale. "Le canzoni romane sono la colonna sonora domestica della mia infanzia - racconta Piovani -: le cantava mia madre mentre si sfiancava nei lavori di casa. Da grande ho voluto studiarle per capirle di più: si ama davvero solo ciò che si conosce bene''.
    Si è detto e scritto, aggiunge, che la canzone romana stilisticamente non esiste, in fondo sarebbe solo un succedaneo della canzone napoletana. "In parte è vero ma non estremizziamo, una piccola sua fisionomia distintiva la canzone romana ce l'ha: un certo sentimento di petroliniana rassegnazione, di sulfureo disincanto, che si traduce in vago e scanzonato andamento ritmico; che non è certo la leggera tarantella partenopea ma un cugino saltarello dai piedi pesanti".
   

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