"Ero piccolina.
Un giorno mia mamma, che non mi lasciava mai sola a casa, mi prese per mano e andammo a piedi fino alla casa più bella e importante del Paese.
Suonò il campanello. Uscì una bellissima signora e senza esitare mamma le piazzò quattro schiaffi in faccia. 'Ti è andata bene che non ti ho fatto tosare', disse. Non capivo. 'Mamma perché l'hai picchiata?'. 'Lei sa il motivo: ha fatto la spia ai tedeschi. E ha fatto morire più di dieci persone'. Sono passati anni ma rimasi così colpita che me lo ricordo come fosse ieri". A raccontarlo, alla vigilia del 25 aprile, è Orietta Berti, icona nazionale con oltre 16 milioni di dischi venduti in più di 50 anni di carriera, stella della tv capace di lanciare veri trend con i suoi personalissimi look e un'incredibile capacità di rinnovarsi, dai tempi in cui era "l'usignolo di Cavriago" alla hit Mille con Fedez e Achille Lauro. Dal 19 maggio sarà protagonista su Sky di Quelle brave ragazze, viaggio on the road in Spagna insieme a due compagne come Mara Maionchi e Sandra Milo, ma il 24 aprile, vigilia dell'anniversario della Liberazione, per un giorno sarà direttrice di rete per la "Domenica con" di Rai Storia, lo spazio curato da Giovanni Paolo Fontana ed Enrico Salvatori. In tutto dieci ore di trasmissioni, dalle 14 alle 24, che ha disegnato con un'idea precisa. "Volevo partire dall'atmosfera della mia infanzia, quando a Cavriago si viveva come nei film di Don Camillo e Peppone. Io - racconta all'ANSA - li vivevo praticamente in casa. Da una parte mamma Vittoria Anna, che aveva la Pesa pubblica, così comunista da cambiarsi il nome in Olga, perché sembrasse più russo. Dall'altra papà, commerciante di foraggi, amico di tutti i preti delle parrocchie del paese. Quando li invitava a casa, mamma quasi lanciava i piatti nel metterli in tavola". Da quel clima parte la sua domenica, con l'intervista di Giovannino Guareschi ("papà" di Don Camillo e Peppone) e Indro Montanelli e poi Fernandel con Raimondo Vianello e Gino Cervi al Musichiere. A celebrare la buona tavola emiliana è Ugo Tognazzi, poi la musica, sin da quel Canzonissima 1969 in cui la Berti si piazzò unica donna in finale con Domenico Modugno, Claudio Villa, Gianni Morandi, Al Bano, Massimo Ranieri. E ancora, la spiritualità, con le udienze con tre Papi e l'incontro con il Dalai Lama. Gli omaggi ai compagni di viaggio, Enzo Tortora, Mina, Mike Bongiorno. E in prima serata I nuovi mostri di Scola, Monicelli, Risi, nel quale interpreta l'episodio L'uccellino della Val Padana. Ma colpisce l'omaggio a La donna nella Resistenza, il documentario che Liliana Cavani diresse nel 1965 per il 20/o anniversario della Liberazione. "Mio zio fu partigiano - racconta la cantante -. Il suo nome in codice era Calò. Stava tra i boschi, sulle colline qui da noi. Erano ragazzi coraggiosi. Quando la guerra formarono una cooperativa di partigiani di calzolai. Mamma in quei mesi - prosegue - è andata tante volte a portare messaggi. A casa custodiva un baule chiuso a chiave, ma qualche volta lo dimenticava aperto. Con la mia amica Sofia sbirciando ci trovammo delle borse mimetiche con delle strane scritte, probabilmente in codice. Mamma - prosegue - si è sempre spesa molto. Mi portava con se', porta a porta, a dare le mimose per la Festa della donna e il garofano rosso per il Primo maggio. O a vendere il giornale Noi donne, un periodico francese che alcune giornaliste molto famose traducevano in italiano, aggiungendo alcuni articoli. Tante volte ci chiudevano la porta in faccia, ma adoravo seguirla, anche alle manifestazioni in piazza perché c'era sempre la banda". Ma come nei migliori racconti di Guareschi, "amavo anche le processioni con papà - sorride - A noi bimbe facevano spargere i petali di fiori e il prete era così stonato. E mamma, comunista convinta, addobbava comunque tutta la casa e sul balcone stendeva le coperte più belle e ricamate".
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