In un teatro Dal Verme di Milano completamente vuoto, a parte l'orchestra dei Pomeriggi Musicali e il direttore James Feddeck, giovedì 18 marzo sarà eseguita in prima assoluta 'Sinfonia', brano che i Pomeriggi hanno commissionato a Marco Tutino.
Il pubblico potrà vederla in streaming, unico spettatore in sala sarà lo stesso compositore, che ha firmato opere per teatri come la Scala e la San Francisco Opera ed è stato negli anni sovrintendente del Regio di Torino e del Comunale di Bologna. Prima però sarà protagonista di un incontro, sempre online, con il pubblico, alle 19,30 intervistato insieme a Stefano Zecchi nel primo appuntamento del ciclo di videointerviste dei Pomeriggi 'Connessioni'.
"Sono curioso dell'effetto di essere l'unico spettatore in teatro. Ho scritto Sinfonia prima della crisi sanitaria e quindi non ha sofferto dell'angoscia di scrivere in clausura come invece il concerto per organo e orchestra che ho poi composto per la Royal Opera House di Muscat, in Oman" dice all'ANSA, aggiungendo che se avesse saputo che sarebbe stato eseguito solo per il pubblico web il brano sarebbe diverso.
"Credo che avrei cercato di essere più energico - spiega -, di usare altri mezzi d'espressione per un pubblico che ha un deficit di emozionalità, seduto davanti allo schermo. Avrei cercato di lanciare ponti per superare questa barriera del digitale che allontana. Lo vedo insegnando in Dad al Conservatorio". Comunque con Sinfonia "ho cercato di fare una piccola dedica a questo genere. Si tratta di una sinfonia con l'impianto tradizionale, i 4 tempi, un primo tempo che è quasi un'introduzione, lo scherzo, l'adagio. Una sorta di regalo, un saluto al passato". Ma è al futuro che ora bisogna guardare.
Senza pubblico "non so quanto resisteremo" osserva anche è scettico che venga accolta la proposta di vaccinare prima gli artisti che fanno spettacolo dal vivo, lanciata fra gli altri da Anfols e dal sovrintendente della Scala Dominique Meyer. "Questo presuppone che il mondo del teatro dal vivo sia visto come necessario e la cosa non mi pare sia vera. E' l'ultimo dei pensieri - osserva - ma abbiamo lasciato anche noi che accadesse. Dovevamo pensarci rendendoci necessari con un rapporto con il pubblico meno altero e snobistico". E' un j'accuse dall'interno il suo.
"In questo mondo dorato ed isolato dalla realtà ci siamo un po' addormentati, abituati a considerarci immortali. Ma ora sappiamo che non è così" dice. " Volevamo essere protetti senza spiegare ogni giorno la necessità dell'arte. Ma è come nelle relazioni. A darsi per scontati, si scopre di non esserlo e il divorzio è strisciante".
Giovedì "sono curioso dell'effetto che mi farà essere l'unico spettatore" ma certo - conclude - quando si termina un'esecuzione senza pubblico in sala "va in scena una piccola tragedia. La mancanza di applausi alla fine quasi raggela".
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