ENRICO TERRINONI, LA VITA DELL'ALTRO
(BOMPIANI, PP. 243, EURO 20)
Svevo e Joyce erano molto amici. A raccontare il legame che
univa questi due giganti della letteratura mondiale è il saggio
La vita dell'altro di Enrico Terrinoni, accademico, docente di
Letteratura inglese all'Università per Stranieri di Perugia, e
studioso di Joyce di cui ha tradotto anche le opere. "Quello tra
Svevo e Joyce fu un incontro di destini", scrive Terrinoni.
Joyce a Trieste insegna inglese. Svevo a quel tempo è un signore
di mezza età, frequenta il collega irlandese prima da allievo e
dopo progressivamente entrano in confidenza. Si scambiano gli
scritti e si stimano a vicenda. Svevo aiuta economicamente
Joyce, che è sempre in bolletta. Joyce ricambia facendo
diventare Svevo un caso editoriale internazionale.
Molte affinità tra i due, entrambi rivoluzionari nel modo di
scrivere e concepire la letteratura. Li accomunava anche il
fumo. Tuttavia Joyce non era un fumatore ai livelli di Svevo.
Però Joyce aveva il vizio della bottiglia. A Trieste frequentava
le osterie e l'Opolo di Lissa era il suo vino preferito.
Erano ironici e fuori dagli schemi. Il loro stile abbatteva gli
steccati, sfidava le aspettative, spiazzava i lettori. Joyce
mescolava in maniera irriverente i generi, ruppe il confine tra
lingua parlata e lingua scritta. Svevo pure creò una lingua sua,
lontana dalla tradizione precedente. Ulisse e La coscienza di
Zeno sono romanzi che hanno narrato la vita, certamente di Italo
Svevo e James Joyce, e universalmente la vita di tutti coloro
che in quelle pagine ancora oggi si rispecchiano.
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