(di Marzia Apice)
"L'imprevisto entra sempre nelle
nostre vite. Può essere una malattia, un amore, un lutto, oppure
una nave, come è successo con la Costa Concordia o anche una
pandemia: se c'è una cosa che l'isola del Giglio mi ha insegnato
è proprio l'importanza del senso della comunità e la sua forza.
Solo insieme si superano i problemi". E' una narrazione
emotivamente molto intensa, corale e insieme privata, quella che
Matteo Caccia propone nel suo "Il mondo addosso", podcast
Audible Original disponibile dal 22 novembre, una produzione
Mismaonda per Audible Original con il sound design di Luca
Micheli, nel quale l'autore torna sul naufragio della Costa
Concordia attraverso le storie degli abitanti del Giglio. A 10
anni dalla tragedia, avvenuta il 13 gennaio 2012 dopo che la
nave ha urtato uno scoglio a 500 metri dal porto dell'Isola del
Giglio, provocando uno squarcio di 70 metri nello scafo,
l'autore rievoca quindi quel drammatico evento, per raccontare
non tanto il fatto di cronaca, quanto un punto di vista inedito,
quello degli abitanti di un luogo tra cielo e mare naturalmente
separato dal resto del mondo. Al centro delle 10 puntate, ognuna
da 50 minuti, ci sono dunque le anime e le reazioni di chi
quella sera, pur trovandosi davanti a qualcosa di inatteso, ha
saputo tuttavia reagire tempestivamente, con forza ma
soprattutto seguendo il cuore: persone semplici, di buon senso,
che di solito vivono nella confusione del turismo e della folla
solo d'estate, e poi per il resto dell'anno si ritrovano sole,
in tranquillità. "Al Giglio d'inverno vivono 800 persone, è
gente di mare, abituata al soccorso e fare quello che c'è da
fare", afferma in un'intervista all'ANSA Matteo Caccia, che da
anni scrive e racconta storie in radio, "quando ho parlato con
loro, gli abitanti dell'isola avevano un solo rimpianto, quello
di non essere riusciti a salvare tutti. Quella sera subirono una
vera invasione, con 4000 naufraghi sbarcati: eppure senza
pensarci troppo, aprirono le case, la chiesa e le scuole,
portarono cibo e aiuti". Ma poi sull'isola c'è stata un'altra
invasione, quella di una comunicazione che è stata spesso
aggressiva, e a volte poco rispettosa nei confronti di chi ha
vissuto un evento tanto terribile quanto inaspettato. "Il giorno
dopo, i naufraghi non c'erano già più, erano stati portati via,
a Santo Stefano: al posto loro sono arrivati i giornali e le
televisioni che sono rimasti per 3 mesi", dice l'autore, "quando
poi si è trattato di recuperare la nave, le testate erano 400,
provenienti da tutto il mondo: per i gigliesi è stata
un'invasione, ma alcuni giornalisti, quelli più umani, invece
sono diventati amici, e lo stesso è accaduto con molti dei
tecnici che si sono occupati del relitto. Quando il 23 luglio
2014 la Concordia è andata vita tutti gli abitanti si sono
commossi, perché quel pezzo di mondo che insieme alla nave era
arrivato sull'isola era diventato parte della famiglia". Perché
ha scelto di raccontare di nuovo questa storia? "Perché quel
naufragio mi ha scioccato: amo il mare, sono un velista, e
ricordo che quella mattina di 10 anni fa lessi sul giornale solo
un trafiletto, perché il fatto era successo troppo tardi per
poter scrivere in tempo un articolo approfondito. Ma quando ho
acceso la tv c'era già il finimondo", racconta, "la storia della
Concordia è diventata metafora di un Paese che affonda, ma poi
con il tempo ho voluto capire di più, andando oltre Schettino
che è in carcere e il business delle navi da crociera che
sembrava a rischio e che poi è tornato più forte di prima.
Volevo capire cosa pensava la gente che abita un'isola divenuta
suo malgrado famosa in tutto il mondo". In ogni puntata, nella
voce dei protagonisti emergono ricordi ed emozioni fortissime.
Come si racconta il dolore? "Me lo chiedo da sempre, anche in
radio. Credo che si possa parlare di tutto, rispettando le
storie e restando un passo indietro, senza sottolineare, senza
cercare di dare un indirizzo prestabilito, ma lasciando che il
racconto vada per conto proprio", prosegue Caccia, "il podcast
per me è una scelta naturale, lavoro con la voce da 20 anni. Mi
piace indagarla: la voce è corpo, è come se riuscisse a
materializzarsi, non ha uguali, neppure il video ha lo stesso
effetto".
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