Regge la causale sulla
"strategia stragista" messa in atto insieme da Cosa Nostra e
'Ndrangheta all'inizio degli anni novanta, ma il fatto che
Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone sono stati i mandanti
dell'attentato in cui il 18 gennaio 1994 morirono i carabinieri
Antonino Fava e Vincenzo Garofalo non è stato "dimostrato
adeguatamente". Lo scrivono, nelle motivazioni della sentenza
"'Ndrangheta stragista", i giudici della Corte di Cassazione che
lo scorso dicembre hanno annullato con rinvio gli ergastoli
inflitti dalla Corte d'assise d'appello di Reggio Calabria al
boss di Brancaccio e al referente della cosca Piromalli.
È stato quindi accolto l'impianto accusatorio della Dda e del
procuratore Giuseppe Lombardo per quanto riguarda la
partecipazione delle cosche calabresi alle cosiddette "stragi
continentali". In merito agli attentati ai carabinieri, infatti,
la Sesta sezione della Suprema Corte scrive che "la causale
degli omicidi e dei tentati omicidi è stata adeguatamente
individuata dalle due conformi sentenze di merito nella
attuazione della strategia del terrore con l'intento di indurre
lo Stato a trattare in tema di benefici penitenziari e quanto
alla disciplina dei 'pentiti'".
Nel nuovo processo, che si celebrerà nei prossimi mesi, i
giudici di secondo grado dovranno rivalutare "il tema centrale
delle prove specifiche a carico degli imputati per avere
contribuito al mandato omicidiario".
A non convincere la Cassazione sono state, in particolare, le
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Antonino Lo Giudice
e Consolato Villani, "connotate da evidenti e, allo stato,
insanabili contraddizioni che la Corte distrettuale non ha in
alcun modo chiarito, nonostante le specifiche doglianze
difensive proposte in sede di appello". In merito agli attentati
ai carabinieri, scrivono i giudici di Cassazione, "entrambi
dicono di avere appreso dall'altro le informazioni" poi riferite
ai magistrati.
Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Guido
Contestabile, Giuseppe Aloisio e Salvatore Staiano.
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