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Mafie: in Lombardia 3mila immobili confiscati e 125 aziende

Mafie: in Lombardia 3mila immobili confiscati e 125 aziende

La Regione é al quinto posto in Italia

MILANO, 21 marzo 2022, 11:57

Redazione ANSA

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In Lombardia sono oltre 3 mila (3245) gli immobili confiscati alla criminalità organizzata e in parte restituiti alla collettività per progetti di utilità sociale.

La Lombardia si trova al quinto posto come numero di beni, dopo la Sicilia, la Campania, la Calabria e il Lazio.

Sono invece 125 le aziende confiscate alle mafie. I dati sono stati illustrati nel corso dell'evento promosso da Coop Lombardia dal titolo 'Cosa vuol dire legalità? La legalità in campo (e a tavola)', in occasione della XXVII Giornata in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
    "La normativa italiana sui beni confiscati alla mafia è unica al mondo, infatti i beni confiscati vengono riconsegnati ai territori che sono stati danneggiati dalla presenza della criminalità organizzata - ha spiegato Simona Ronchi, dirigente della sede di Milano dell'Agenzia Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata -. Il mio auspicio è che l'Italia riesca ad esportare queste buone pratiche". Un esempio virtuoso di riutilizzo dei beni confiscati in Lombardia è quello raccontato da Don Massimo Mapelli della Caritas di Milano. A Cisliano, nel Milanese, una masseria confiscata ospita persone che hanno subito lo sfratto esecutivo ed è diventata luogo di formazione e lavoro da cui sono passate circa 11 mila persone in questi anni. Un bar confiscato alla mafia a Garbagnate Milanese, dove si facevano affari sporchi, si chiama oggi 'Alla luce del sole' un luogo di incontro e crescita per i giovani.
    A portare la sua testimonianza è stato anche Yvan Segnet, presidente dell'associazione No Cap, che lotta contro il capolarato, che ha lanciato un messaggio ai consumatori. "Serve consapevolezza quando si va fare la spesa perché le agromafie si alimentano della non consapevolezza dei cittadini - ha detto -.
    Fare una spesa giusta può fare la differenza e può portare al cambiamento, ci devono essere prima i diritti e poi il prodotto".
   

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