Il 9 maggio 1978, in via Caetani, veniva ritrovato in un'automobile il corpo dell'onorevole Aldo Moro, brutalmente assassinato dalle Brigate rosse.
L'omicidio del segretario della Democrazia Cristiana è solo uno dei tanti tragici episodi che segnano, in Italia, la lunga stagione del terrorismo politico.
Una stagione che inizia a Milano, nel 1969,
con la strage di Piazza Fontana. A quell'episodio ne sono
seguiti molti: la strage della stazione di Bologna, quella del
rapido 904, l'omicidio del magistrato Occorsio, la misteriosa
morte di Giuseppe Pinelli, l'omicidio, alla Sapienza, del
professor Ezio Tarantelli. E in occasione del Giorno delle
vittime del terrorismo, l'Università Roma Tre, ha organizzato un
convegno per ricordare questi episodi, attraverso le parole e i
racconti dei familiari delle vittime, per cui, però, il ricordo
è tutt'altro che semplice. Come sottolineato dalla figlia del
magistrato Vittorio Occorsio, Susanna: "sapevo, dal primo
momento, che mio padre stava entrando nella storia, ma non
sapevo di star diventando io una parte della sua storia". O dal
figlio del professor Ezio Tarantelli, Luca: "solo venticinque
anni dopo la sua morte sono riuscito a riprendere in mano la
memoria di mio padre". "Le associazioni sono valorizzate nel
percorso della memoria, ma devono costantemente chiedere che si
indaghi e di essere informate sugli sviluppi". aggiunge Rosaria
Manzo, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime
del treno 904, che apre uno spiraglio su un altro aspetto: non
esiste memoria senza verità storica e processuale. Una verità
storica e processuale che, nel caso della strage del treno 904,
non è mai arrivata: "ci stiamo ancora chiedendo perché". In
altri casi, invece, arrivare alla verità è stato lungo e
tortuoso. "Abbiamo combattuto per più di quarant'anni contro un
nemico potentissimo" racconta Paolo Bolognesi - presidente
dell'associazione dei familiari delle vittime della strage di
Piazza Bologna - "solo adesso siamo arrivati alla verità". Come
sottolinea però Claudia Pinelli, figlia dell'anarchico Giuseppe,
"non dovrebbero essere le famiglie a chiedere la giustizia". La
memoria, però, è tutt'altro che plastica, come spiega Federico
Sinicato (presidente dell'associazione piazza Fontana) "la
memoria individuale, quella storica e quella processuale hanno
lavorato insieme in tutti questi anni, determinando la capacità
delle ultime sentenze di definire realmente quanto accaduto in
alcuni episodi stragisti".
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