(di Francesco De Filippo)
L'occhio scrutatore è proiettato
sul sipario ancora chiuso; quando questo si apre, resta lì in
alto, incastonato in un medaglione dove sfuma nelle immagini a
corredo dello spettacolo per tutta la sua durata, e riapparire
al termine. E' l'occhio che guarda dentro Zeno Cosini. Questi è
il noto protagonista de "La coscienza di Zeno" di Italo Svevo
(al secolo Aron Hector Schmitz), la cui nuova produzione
teatrale è andata in scena in prima ieri sera al Politeama
Rossetti (dove resterà in replica fino all' 8 ottobre, poi parte
una tournee nazionale).
Zeno è interpretato da un molto bravo Alessandro Haber,
intorno al quale ruota l'intero spettacolo. Fumando una
sigaretta dietro l'altra l'eroe sveviano ripercorre da una
poltrona a lato del palcoscenico, la propria esistenza nel
tradizionale lungo percorso psicanalitico, mentre questa si
svolge al centro della ribalta. Spesso interloquisce con il Sé
giovane che sta recitando, o gli suggerisce il tono della
battuta. Sullo sfondo di un proscenio grigio/nero dell'elegante
scenografia, gli altri dieci (bravi) attori restano immobili
seduti spalle (o fianco) al pubblico, vivificandosi soltanto
quando è il loro momento di entrare in scena. Ricompare in
conclusione (l'occhio) a sovrastare Zeno con il bastone a centro
scena alle ultime battute sugli ordigni, in vista (forse) di una
nuova civiltà dopo la catastrofe.
Sincero e inatteso, dopo gli applausi, il saluto di Haber al
pubblico e a Trieste.
A cento anni dalla pubblicazione del romanzo, la nuova
produzione de "La coscienza di Zeno" - regia di Paolo Valerio -
è realizzata dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
(diretto da Paolo Valerio) e da Goldenart Production. Seguiranno
altri lavori su Joyce e Saba, grandi autori radicati a Trieste.
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