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Dazi Usa, mondo agroalimentare in allarme. Lollobrigida, "evitare isterismi"

Dazi Usa, mondo agroalimentare in allarme. Lollobrigida, "evitare isterismi"

Uiv, con sanguinosi dazi Usa danni per 323 milioni l'anno; Federvini, dazi Usa gravissimo colpo a 2 miliardi export Italia;  Parmigiano Reggiano, assurdo colpire prodotto di nicchia 

03 aprile 2025, 17:34

Redazione ANSA

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. - RIPRODUZIONE RISERVATA

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 Lollobrigida, evitare isterismi dazi e non dare numeri al lotto. 'Obiettivo è comprendere effetti e no guerra commerciale' 
"Evitare isterismi, questo è il primo elemento, perché quando si parla di mercato la prima cosa che non bisogna fare è tirare il numero a lotto. Ed è per questo che in queste ore ci stiamo concentrando sulle tabelle presentate ieri dal presidente Trump per comprendere quali siano gli effetti prevedibili".
Lo ha detto il ministro del Masaf Francesco Lollobrigida, a margine della presentazione di Macfrut 2025 nella sede dell'Agenzia Ice.
"Alcuni effetti sono imprevedibili - ha precisato - trattandosi di tassi differenziati che agiscono in maniera non uniforme sulle diverse produzioni delle varie nazioni e quindi hanno delle variabili sulle quali dobbiamo approfondire, alcune delle quali le scopriremo solamente con una valutazione conclusiva dopo alcuni mesi di applicazione".
"L'obiettivo però di queste ore - ha spiegato - è evitare una guerra commerciale e quindi cercare di mantenere la serenità, fare delle valutazioni all'interno dell'Unione Europea che ha la delega al commercio insieme agli altri governi e ovviamente continuare a ragionare con il nostro alleato strategico. Perché non c'è niente che stupisce: trump è stato eletto dagli americani su un programma che prevedeva quello che sta facendo, quindi non c'è un elemento di novità". 

 

 Confcooperative, rischio 15mila posti con calo 10% volumi
I dazi al 20% annunciati dagli Stati Uniti sono "una grande preoccupazione" per Confcooperative che stima "per ogni 10% di calo dei volumi il rischio di perdita di 15mila posti di lavoro in tutta Italia". L'allarme arriva da Maurizio Gardini, presidente della principale organizzazione di rappresentanza del movimento cooperativo e delle imprese sociali italiane. "Come Confcooperative - spiega all'ANSA - siamo esposti per oltre 3 miliardi di esportazione verso gli Usa, quindi gli effetti di dazi possono essere direttamente pesanti, anche con una possibile riduzione di occupazione che in qualche misura abbiamo valutato". 
  I dazi americani, afferma Gardini, impattano sull'ampio paniere di cooperative e imprese che rappresenta. "Abbiamo prodotti agroalimentari come parmigiano, grana, il vino, dal prosecco più economico a brunello o barolo.
Confcooperative rappresenta 400 cantine che saranno ora presenti al Vinitaly e che esportano in tutto il mondo. Senza contare anche l'olio, la pasta. Insomma c'è grande preoccupazione e gli effetti sono decisamente pesanti". 

 

 Origin Italia, con dazi a rischio sviluppo dei territori rurali
La guerra commerciale innescata dai dazi dell'amministrazione Trump ha effetti negativi non solo sull'economia, ma anche sulla tenuta sociale e sulla coesione dei territori rurali italiani. E' il grido di allarme di Origin Italia che, in una nota, sottolinea il rischio che incombe su un modello di sviluppo che, negli ultimi anni, ha permesso di rilanciare economie locali fragili attraverso la valorizzazione dei prodotti Dop e Igp.
"Negli ultimi cinque anni - sottolinea l'Osservatorio della Fondazione Qualivita - la Dop Economy è cresciuta in oltre il 90% delle province italiane a dimostrazione del radicamento capillare del sistema sul territorio in particolare nelle aree del Sud che hanno mostrato i trend migliori di crescita grazie anche all'export. Le barriere tariffarie, tuttavia, rappresentano un ostacolo significativo a questo percorso.
Limitano l'accesso ai mercati globali, penalizzano le produzioni di qualità legate all'origine e favoriscono prodotti standardizzati o di imitazione realizzati in loco. In questo modo, compromettono la diffusione del modello IG e alimentano dinamiche di concorrenza sleale. E il danno si estende anche sul piano dei diritti: i dazi violano il principio della tutela della proprietà intellettuale riconosciuta a livello internazionale alle Indicazioni Geografiche, ostacolando il pieno esercizio di questo diritto da parte dei produttori legittimi. La protezione delle Ig deve essere garantita attraverso un commercio equo e privo di ostacoli ingiustificati, nel rispetto degli accordi internazionali come il Trips "Chiediamo un intervento urgente . è l'appello di Cesare Baldrighi - presidente di Origin Italia - all'Europa e all'Italia affinché difendano con forza il sistema delle Ig (Indicazioni geografiche) nelle sedi internazionali, per sostenere un comparto economico strategico e proteggere le 300.000 imprese italiane e i loro 900.000 occupati che aderiscono al sistema delle Dop Igp in Italia." 

 

Vino: Uiv, con sanguinosi dazi Usa danni per 323 milioni l'anno. In bilico 364 milioni bottiglie
"Con i sanguinosi dazi americani al 20% il mercato dovrà tagliare i propri ricavi di 323 milioni di euro all'anno, pena l'uscita dal mercato per buona parte delle nostre produzioni. Perciò Uiv è convinta della necessità di fare un patto tra le nostre imprese e gli alleati commerciali d'oltreoceano che più di noi traggono profitto dai vini importati; serve condividere l'onere dell'extra-costo ed evitare di riversarlo sui consumatori". Lo ha detto il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, nel commentare i dazi al 20% annunciati dal presidente Trump anche per il vino.
"Sarà difficile per molti ha aggiunto - ma ciò che oggi spaventa ancora di più è che si ingeneri un gioco al rialzo davvero esiziale tra l'amministrazione americana e quella europea: l'accoglimento in sede Ue della proposta del ministro degli Esteri Tajani di escludere gli alcolici, e quindi il vino, da eventuali dispute sarà fondamentale".
Secondo un'analisi dell'Osservatorio Uiv, l'unica soluzione è infatti da ricercare lungo la filiera, con il mercato - dalla produzione fino a importatori e distributori - che dovrebbe farsi carico di un taglio dei propri ricavi per un valore pari a 323 milioni di euro (su un totale di 1,94 miliardi) e mantenere così gli attuali assetti di pricing. Secondo Uiv, ben il 76% delle 480 milioni di bottiglie tricolori spedite lo scorso anno verso gli Stati Uniti si trova in "zona rossa" con una esposizione sul totale delle spedizioni superiore al 20%. Aree enologiche con picchi assoluti per il Moscato d'Asti (60%), il Pinot grigio (48%), il Chianti Classico (46%), i rossi toscani Dop al 35%, i piemontesi al 31%, così come il Brunello di Montalcino, per chiudere con il Prosecco al 27% e il Lambrusco.
In totale sono 364 milioni di bottiglie, per un valore di oltre 1.3 miliardi di euro, ovvero il 70% dell'export italiano verso gli Stati Uniti. 

 

 Federvini, dazi Usa gravissimo colpo a 2 miliardi export Italia 
Federvini esprime "profondo rammarico e forte preoccupazione" a seguito della decisione assunta dall'Amministrazione statunitense di applicare dazi sui prodotti importati dall'Unione Europea. Una scelta che rappresenta, per la Federazione Italiana Industriali Produttori, Esportatori di vini, acquaviti, liquori, sciroppi, aceti ed affini, "un grave passo indietro nei princìpi di libero scambio internazionale e che danneggerà pesantemente l'interscambio transatlantico, con effetti particolarmente dannosi sulla competitività delle imprese del settore agroalimentare".
Il solo comparto di vini, spiriti e aceti italiani vale oltre 2 miliardi di euro di esportazioni verso gli Stati Uniti e coinvolge 40mila imprese e più di 450mila lavoratori lungo l'intera filiera.
La misura, lamenta Federvini, avrà rilevanti anche su consumatori e operatori oltreoceano: sono migliaia gli addetti delle società USA coinvolti nell'importazione e distribuzione di questi prodotti, e l'aumento dei prezzi non sarà limitato ai dazi imposti, ma si estenderà a tutta la catena commerciale. "La decisione di applicare dazi alle esportazioni europee negli Stati Uniti rappresenta un danno gravissimo per il nostro settore e un attacco diretto al libero mercato". sottolinea la presidente di Federvini, Micaela Pallini. "Ci siamo già passati,- ricorda Pallini - e sappiamo bene quanto possa costare: in passato queste misure ci hanno portato a perdere fino al 50% delle esportazioni verso gli Usa. O Serve ora più che mai compattezza e determinazione da parte delle nostre istituzioni per contenere gli effetti devastanti di queste misure inutilmente protezionistiche e antistoriche". 

 

 Dalle cooperative il 30% export vino in Usa e 25% formaggi
"Ora è tempo di lasciare alle istituzioni politiche e alla diplomazia europea ed italiana lo studio delle adeguate contromisure ai dazi. Ci preme però sollecitare l'assoluta urgenza di concentrarsi sulle difficoltà delle aziende, per le quali andranno subito pensate e predisposte misure a difesa della loro competitività". È questa la prima reazione all'annuncio dei dazi al 20% fatto ieri da Trump del presidente di Confcooperative Fedagripesca Raffaele Drei. Significativa la quota di export nel mercato a stelle e strisce delle cooperative aderenti a Confcooperative: negli Usa il fatturato delle cantine cooperative è di oltre 570 milioni di euro, il 30% di tutto l'export vitivinicolo nel mercato statunitense (che si attesta su 1,9 miliardi di euro), mentre per un altro settore ad alto valore aggiunto con le sue produzioni Dop come i formaggi, le cooperative commercializzano negli Stati Uniti 122 milioni di euro, il 25% di tutte le vendite di formaggi negli Usa, che nel 2024 hanno toccato quota 484 milioni di euro. Seguono poi altre filiere e prodotti in cui la cooperazione esporta valori significativi come il pomodoro da industria. "La situazione geopolitica internazionale che si è venuta a creare apre un reale problema di competitività" che coinvolge, secondo Drei, "tutte le aziende del comparto, non solo chi esporta negli Stati Uniti, perché l'effetto depressivo coinvolgerà l'intero mercato". Per il settore vino, è l'appello di Drei, "occorre destinare maggiori risorse per la promozione, se davvero vogliamo aiutare le aziende ad acquisire nuovi mercati. Andrà fatto inoltre un grande lavoro di sburocratizzazione nelle procedure per l'accesso ai bandi.
All'Europa chiediamo misure per la promozione più snelle e in generale risposte più efficaci rispetto al passato perché quelle attuali risultano un po' timide rispetto all'urgenza di aggredire nuovi mercati. Col settore lattiero-caseario che rischia di veder compromessa la stabilità della tutela delle Dop con il conseguente proliferare dell'Italian sounding". 

 

 Prandini (Coldiretti), per agroalimentare rischio da 1,6 miliardi
 "Ci eravamo augurati che il buonsenso potesse prevalere, purtroppo non è stato così, ma la diplomazia non deve cessare, soprattutto da parte dell'istituzione europea, nel perseguire un percorso che ci possa portare a recuperare l'introduzione di dazi del 20% da parte del presidente Donald Trump su tutti i settori merceologici europei ed italiani". Lo afferma il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, a margine di un incontro con associati a Catania.
"Per quanto riguarda l'agroalimentare - sottolinea Prandini - è fuori dubbio che è un rischio enorme che vale 1,6 miliardi di euro di esportazioni che rischiamo di perdere, soprattutto su alcuni settori come quello vitivinicolo, un'eccellenza riconosciuta oggi dai consumatori statunitensi. E soprattutto è un settore che ha investito in maniera rilevante la qualità e il riconoscimento, da parte dei consumatori che l'hanno sempre più scelto, come un elemento distintivo proprio nella qualità del prodotto offerto".
"Ancora una volta - aggiunge il presidente di Coldiretti - dovremo sapere mettere in campo un'azione forte da parte dell'Europa, con interlocuzioni di mediazione politica, ma anche preparando quella che può essere una risposta nel coinvolgimento di settori che fino ad oggi non sono stati presi in considerazione, come, ad esempio, tutto il mondo dei servizi e della finanza. Sotto questo punto di vista l'impegno di Coldiretti continuerà con un confronto costante con le istituzioni nazionali ed europee. E mai come in questo momento - osserva Prandini - dobbiamo fare in modo che l'Europa non si divida, che non prevalgano gli egoismi, ma ci sia una visione di coinvolgimento di tutti i 27 Stati membri, creando le condizioni per le quali si possano superare anche tutti quegli elementi che hanno contraddistinto l'Europa negli ultimi anni nell'introdurre una burocrazia inutile che ha penalizzato la crescita delle nostre imprese". Per il presidente di Coldiretti occorre "invece investendo in termini economici con l'iniezione di risorse per fare crescere in termini di competitività i nostri settori e con risorse per quanto riguarda la possibilità di arrivare su nuovi mercati che possano, seppur parzialmente, il rischio di perdita che avremo sul mercato Statunitense". 

 

 Conserve Italia, preoccupano gli effetti indiretti dei dazi
I dazi annunciati da Donald Trump "preoccupano Conserve Italia non tanto per le ripercussioni dirette ma piuttosto per gli effetti indiretti, per tutto quello che la politica dei dazi produrrà, dal costo del denaro alle turbolenze di mercato". Lo dice all'ANSA Maurizio Gardini, presidente del gruppo cooperativo con sede a San Lazzaro di Savena (Bologna), leader in Italia nella trasformazione alimentare (frutta, pomodoro e vegetali) con marchi storici come Cirio, Valfrutta, Yoga, Derby Blue e Jolly Colombani. "I dazi non ci mettono in ginocchio ma creeranno problemi", dice.
Conserve Italia, spiega "è esposto con gli Stati Uniti complessivamente per 6-7 milioni di fatturato, una quota possiamo dire irrilevante rispetto al nostro fatturato totale che è di 1,2 miliardi di euro". "Siamo però preoccupati per tutto quello che produrranno i dazi", ad esempio la Bce che potrebbe non continuare nella politica di riduzione del costo del denaro, "nella possibile limitazione degli investimenti, in una politica insomma che mette in difficoltà l'economia".
"Conserve Italia non uscirà indenne ma peseranno più gli effetti indiretti nel medio-lungo periodo" che quelli diretti nel breve periodo. 

 

 Parmigiano Reggiano, assurdo colpire prodotto di nicchia 
"Noi non siamo affatto in concorrenza coi formaggi locali: si tratta di prodotti diversi che hanno posizionamento, standard di produzione, qualità e costi differenti: è pertanto assurdo colpire un prodotto di nicchia come il Parmigiano Reggiano per proteggere l'economia americana". È il commento di Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano reggiano sui dazi imposti da Trump, il 20% per l'Ue. Una "tariffa fissa", sottolinea, che colpisce anche il Parmigiano.
"I dazi sul nostro prodotto - precisa Bertinelli - passano quindi dal 15% al 35%. Di certo la notizia non ci rende felici, ma il Parmigiano Reggiano è un prodotto premium e l'aumento del prezzo non porta automaticamente a una riduzione dei consumi.
Lavoreremo per cercare con la via negoziale di fare capire per quale motivo non ha senso applicare dazi a un prodotto come il nostro che non è in reale concorrenza con i parmesan americani. Ci rimboccheremo le maniche per sostenere la domanda in quello che è il nostro primo mercato estero e che rappresenta oggi il 22,5% della quota export totale. Il Parmigiano Reggiano copre circa il 7% del mercato dei formaggi duri a stelle e strisce e viene venduto a un prezzo più che doppio rispetto a quello dei parmesan locali".
"Imporre dazi su un prodotto come il nostro aumenta solo il prezzo per i consumatori americani - aggiunge - senza proteggere realmente i produttori locali. È una scelta che danneggia tutti. Oggi, il vero nemico dei produttori di latte non sono le loro controparti estere, ma i prodotti che vengono chiamati 'latte' o 'formaggio' pur non avendo alcuno legame con terra e animali, come i cibi a fermentazione cellulare". 

 Grana Padano, 'con dazi prezzi negli Usa +20%, duro colpo'
Con 215.000 forme esportate e una crescita del 10,53% rispetto al 2023, gli Stati Uniti hanno rappresentato nel 2024 il terzo mercato per il Grana Padano DOP, la denominazione di origine protetta più consumata al mondo.
L'introduzione dei nuovi dazi imposti dal presidente Trump, che fanno lievitare il prezzo del formaggio del 20%, mette seriamente a rischio il consolidamento di questo mercato e le prospettive future dell'export negli Usa.
E' l'analisi del Consorzio Tutela Grana Padano di cui fanno parte 142 aziende.
Il direttore generale Stefano Berni sottolinea l'urgenza di un intervento politico e diplomatico: "Le istituzioni italiane ed europee devono attivarsi immediatamente per contrastare questo contraccolpo, adottando tutte le misure necessarie a tutelare le esportazioni dei prodotti colpiti da questi dazi ingiustificati e per noi assai penalizzanti". Secondo gli esperti del settore, questa misura favorirà soprattutto la diffusione negli USA di prodotti "Italian sounding", che sfruttano nomi e suggestioni della tradizione italiana senza offrire le stesse garanzie di qualità e autenticità. "Siamo il formaggio DOP più venduto al mondo esportando nel 2024 il 51,2%.
Trovare velocemente spazi aggiuntivi ulteriori fuori dall'Italia sarà quasi impossibile e spero che nessuno provi ad insegnarci come e dove collocare le forme che non andranno più in Usa. La scelta di Trump - conclude Berni - è un pesante danno per noi e un grave errore che penalizza i consumatori americani, che pagheranno di più incidendo quindi anche sulla loro inflazione. 

 Consorzio Pecorino Romano, 'riequilibrio dazi con premi export' 
"La risposta dell'Unione Europea ai dazi di Trump potrebbe servire a ridistribuire le risorse derivanti dalle imposte doganali ai prodotti Usa alle aziende che esportano su quel mercato e sono colpite in maniera tangibile". E' l'ipotesi avanzata dal presidente del Consorzio del Pecorino Romano Dop, Gianni Maoddi, che all'ANSA parla di un ripristino dei "premi all'esportazione".
"Abbiamo bisogno di riequilibrare un mercato - aggiunge - per esempio sono 35mila le tonnellate di Pecorino Romano, Parmigiano Reggiano e Grana Padano sul mercato americano per un fatturato di 450 milioni di euro che salgono a 500 milioni di euro con altri formaggi che da domani mattina vengono tassati al 20%. Di fatto l'amministrazione americana dovrebbe incamerare 100 milioni di euro. Se questi 100 milioni di euro ricadono totalmente sugli esportatori, verrebbero a mancare sulla filiera ma se, invece, l'Ue riconosce questi 100 milioni in termini di premio all'esportazione alle aziende - si parla di 2-3 euro al chilo - allora si riequilibrerebbe il tutto".
"Ovviamente stiamo parlando di ipotesi su un problema che riguarda tutto il mondo perché Trump ieri ha dichiarato guerra commerciale a tutto il mondo e ora bisogna anche cercare di reagire - osserva Maoddi - perché tra le soluzioni c'è anche quello di ripartire il costo tra produttore, esportatore e azienda o consumatore finali".
"Ma per ora c'è molta incertezza perché non si sa come interverranno i dazi, se saranno generalizzati o se ci saranno dei codici doganali colpiti e altri esenti. Abbiamo bisogno, secondo me, di aspettare ancora 24-48 ore per capire quello che poi sarà realmente", conclude. 

 

Consorzio Chianti,ora fondamentale accordo con Mercosur
"Prendiamo atto con rammarico della decisione del presidente degli Stati Uniti sui dazi, ma non possiamo permetterci di restare fermi. È il momento di rafforzare la nostra presenza in nuovi mercati, a partire dal Sud America, dove l'accordo con il Mercosur può aprire grandi opportunità per il nostro vino. Allo stesso tempo, dobbiamo investire in Asia e iniziare a promuoverci in Africa e India per diversificare le nostre esportazioni e ridurre la dipendenza dagli Usa". A dirlo è Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti, commentando la decisione del presidente Trump di imporre dazi del 20% sui prodotti europei, tra cui il vino. Una misura che rischia di penalizzare pesantemente le esportazioni italiane negli Stati Uniti, ma che secondo Busi può diventare un'occasione per ripensare le strategie commerciali del settore.
"L'accordo di libero scambio tra Unione Europea e Mercosur - dice Busi - deve diventare una priorità assoluta. L'Europa ora deve essere rapida nel rendere operativo questo trattato, perché è un modo per dare prospettive nuove alle aziende europee e nel caso del Chianti anche a tutto ciò che la presenza delle nostre aziende rappresenta: cultura, cura dell'ambiente, valorizzazione delle aree interne. Mercati come Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay rappresentano un'opportunità concreta per il nostro export". Per Busi poi "anche l'Asia offre prospettive enormi per il vino italiano. Dobbiamo investire su Cina, Giappone, Vietnam e Thailandia, mercati con un crescente interesse per i nostri prodotti. Allo stesso tempo dobbiamo iniziare a farci conoscere in Africa e India, aree in cui il consumo di vino sta crescendo e dove possiamo costruire nuove opportunità commerciali". "Le istituzioni europee - questo l'appello di Busi - devono muoversi con decisione per aprire nuove vie all'export del vino italiano.
Se i dazi Usa impongono un cambio di rotta, allora dobbiamo sfruttare al meglio le alternative a nostra disposizione." 

 

Confagricoltura, colpiti settori di punta serve risposta unitaria
"Come Italia usciamo sicuramente penalizzati dall'introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti, in particolar modo per quanto riguarda i prodotti di fascia media: penso ad alcuni vini, all'olio d'oliva, alla pasta e ai sughi pronti". Lo dichiara Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, intervenuto alla trasmissione di Rai Uno Porta a Porta, in onda subito dopo l'annuncio ufficiale del presidente Trump dei dazi del 20%. "La risposta - ha aggiunto Giansanti - non può che essere unitaria, europea, convinta, come annunciato dal presidente von der Leyen.
Fondamentali le misure previste per sostenere i settori più colpiti - ha aggiunto - non dimentichiamo, infatti, che rischiamo anche un massiccio riversamento di prodotti da altri Paesi che subiranno le tariffe americane, per esempio la Cina".
In linea con quanto dichiarato dal presidente von der Leyen nella prima mattina di oggi, Confagricoltura ribadisce la necessità di un'azione dell'Unione tempestiva e coesa per salvaguardare la competitività del sistema agroalimentare, italiano ed europeo, sui mercati internazionali. 


 Cia, serve una risposta negoziale immediata dell'Ue
La scure di Trump è arrivata, con l'annuncio di dazi al 20% che colpiranno indistintamente tutti i prodotti europei, a partire dall'agroalimentare Made in Italy.
Per questo serve subito una risposta ferma e immediata dell'Ue per aprire una trattativa e scongiurare una guerra commerciale con un'escalation devastante in cui perderebbero tutti. Così il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini. "E' una politica sbagliata e controproducente - ribadisce Fini - adesso non bisogna andare in ordine sparso ma agire uniti come Europa, con un approccio non di sudditanza. Occorre un'azione diplomatica rapida, forte e decisa".
Per Cia va quindi recuperato quel sogno europeo di coesione che aveva animato i padri fondatori e che si è via via sgretolato, con gli Stati membri sempre più arroccati su posizioni e interessi nazionalistici, ritrovando un approccio condiviso e mirato per reagire alle forzature di Trump. Allo stesso tempo, conclude il presidente, "è necessario ridefinire le politiche di globalizzazione, che evidentemente stanno mostrando tutte le loro crepe, anche attraverso il ruolo del Wto". 

 

 Lavazza, dazi pericolosi ma puntiamo a crescere in Usa
 "Il fenomeno dei dazi è estremamente pericoloso per l'economia globale perché il rischio di recessioni è dietro l'angolo". Lo ha spiegato Antonio Baravalle, Ceo del Gruppo Lavazza durante un incontro con la stampa a Milano commentando i dazi imposti dagli Usa.
"Noi abbiamo una presenza importante in Usa, un mercato che pesa per il 16% e abbiamo obiettivi ben precisi, fatturiamo 400 milioni negli Stati Uniti - ha aggiunto -. Il nostro obiettivo rimane quello di crescere in Usa perché ha una dimensione di mercato immenso. È chiaro che i dazi fanno male a tutti alla fine".
Lavazza anni fa ha preso la decisione di spostare le produzioni vicino al consumatore, anche negli Stati Uniti. "A oggi già il 50% della nostra produzione americana è fatta in loco, ci manca un 50%, il progetto è già approvato" per arrivare al 100%, "è chiaro che ci sono dei tempi. Noi siamo pronti e vedremo che evoluzione ci sarà". 

 

 Consorzio Brunello, duro colpo dai dazi, Usa principale mercato
"L'annuncio dei dazi americani al 20% su tutte le produzioni europee vini compresi andrà inevitabilmente a colpire duramente anche la nostra denominazione, che vede negli Stati Uniti il suo principale mercato di sbocco dove destiniamo oltre il 30% delle nostre esportazioni. Queste tariffe di fatto riguardano tutte le principali economie del mondo che alimentano una guerra commerciale dove ne usciremo tutti sconfitti e più poveri. Per questo il danno rischia di oltrepassare i confini statunitensi".

Così il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino Fabrizio Bindocci commenta i dazi reciproci annunciati ieri sera dal presidente Trump.
"Queste misure avranno un effetto ad ampio spettro dove non solo il vino rischia di diventare un bene voluttuario sempre più inaccessibile per i consumatori ma allo stesso tempo andranno a colpire settori cruciali anche per la nostra economia locale come l'enoturismo. Ci appelliamo - conclude Bindocci - alle istituzioni e alle diplomazie europee affinché riescano a trovare un accordo con gli Usa per scongiurare una penalizzazione che colpirebbe in maniera inesorabile tutte le imprese". 

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