RABAT - Il Marocco discute la riforma del codice penale e il ministro della Giustizia Abdellatif Ouahbi finisce sotto il fuoco di fila di domande in una sezione di question time alla Camera. Al centro del dibattito c'è tra l'altro l'istituzione di un database nazionale del DNA, che preoccupa numerosi attori della società marocchina. Il nodo del problema ruota attorno al diritto alla riservatezza e alla difficoltà di garantire un sistema senza falle, senza fughe di dati. Chi potrà accedervi, la magistratura o la polizia? "Raggiungere un consenso significa scendere a compromessi", si difende il ministro Ouahbi.
Tra i dibattiti chiave c'è anche quello che riguarda la registrazione degli interrogatori della polizia. Alcuni propongono di filmare ogni fase delle indagini, ma le sanzioni severe per la fuga di fascicoli rimangono un punto dolente, con potenziali condanne che possono raggiungere i 20 anni. Ouahbi ha messo in dubbio la fattibilità di tali misure. "Possiamo aspettarci che gli avvocati corrano tali rischi? Anche una condanna a due o cinque anni sarebbe troppo. Quante stazioni di polizia ci sono in ogni distretto? Quante unità investigative ci sono in ogni città? Chi garantisce la registrazione continua e in quali condizioni?".
Il ministro ha iniziato a testare le registrazioni in aula alla Corte d'Assise di Rabat, con le arringhe trascritte in forma scritta. Una prova generale che è ancora in corso, ma che ha già sollevato preoccupazioni sull'accuratezza delle trascrizioni. "Se la macchina commette un errore, chi si assume la responsabilità?". I tribunali stanno preparando uffici specializzati per gestire anche i fascicoli elettronici dei casi. Questi uffici includeranno computer sicuri, accessibili solo ai procuratori e collegati a istituzioni statali e banche dati. Tuttavia, i presidenti di tribunale hanno sollevato preoccupazioni sul controllo di questi sistemi.
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