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L’endometriosi è una condizione caratterizzata dallo sviluppo dell’endometrio, il tessuto che riveste l’utero, al di fuori della sua sede naturale. Poiché l’endometrio è estrogeno-dipendente, cioè è regolato dagli ormoni prodotti dalle ovaie, si ispessisce, si sfalda e provoca frequentemente quella che sembra una mestruazione. I tessuti interessati sono infiammati. Questa malattia quindi comporta dolori, anche molto intensi e difficili da lenire, che si acuiscono durante il flusso mestruale. Si tratta di una condizione cronica che impatta notevolmente sulla qualità della vita delle donne che ne sono affette sia per i sintomi più diffusi (dolori mestruali e dolore pelvico cronico, difficoltà durante i rapporti sessuali), sia per l’influenza negativa sulla fertilità. Nonostante la gravità, è una patologia spesso sotto-diagnosticata e non adeguatamente trattata. Tuttavia, non sempre l'endometriosi è causa di infertilità. In Italia oltre 1.800.000 donne convivono con una diagnosi di endometriosi. Il trend dei tassi d’incidenza del triennio 2021-2023 è stabile con tassi leggermente più alti nella provincia autonoma di Bolzano, in Veneto e Sardegna. Secondo approfondimenti preliminari condotti dall'Iss, il rischio di endometriosi potrebbe essere associato alla residenza in aree contaminate da inquinanti con potenziale azione di interferenza endocrina, quali i policlorobifenili, le diossine, il piombo e il cadmio. Lo studio suggerisce dunque l’opportunità di attivare sistemi di sorveglianza epidemiologica integrati al monitoraggio ambientale in aree fortemente contaminate.
Analisi
Non è vero che l’endometriosi causa necessariamente infertilità, tuttavia è associata a difficoltà di concepimento e/o sterilità nel 30-40% dei casi. La gravidanza naturale, cioè senza ricorrere a trattamenti di procreazione assistita, è possibile e dipende, in generale, dalla gravità dell’endometriosi e da quanto abbia compromesso gli organi riproduttivi. Ci sono, infatti, tre stadi della malattia: superficiale; ovarica cistica, quando interessa le ovaie; profonda, quando si riscontra nel setto retto-vaginale, nella vescica e nell’intestino. L’impatto della malattia sulla ridotta fertilità non è ancora del tutto chiaro. Negli stadi precoci conta il livello dell’infiammazione e, se sono interessate le ovaie, la quantità e la qualità degli ovociti. Quando la malattia è più grave, invece, potrebbero crearsi aderenze che chiudono le tube di Falloppio, rendendo impossibile la gravidanza. L'operazione chirurgica, eseguita in modo molto poco invasivo (in laparoscopia), non è la soluzione per tutte le donne. Secondo le linee guida internazionali, è indicata agli stadi più superficiali dell’endometriosi per favorire, ma non garantire, una gravidanza. Non esistono infatti prove solide su questa soluzione al fine del concepimento. L’opzione chirurgica va valutata con il ginecologo che considererà lo stato di salute della paziente e gli eventuali altri fattori che potrebbero impedire la fertilità di entrambi i partner. Una altra opzione è la terapia ormonale, che aiuta innanzitutto a ridurre il dolore. Poiché si tratta soprattutto di contraccettivi, però, non possono essere presi in considerazione se si desidera concepire. Un’ulteriore opzione per avere figli è ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (Pma): consiste in procedure di vario tipo come l’inseminazione intrauterina (Iui) o la fecondazione in vitro (Fivet o Icsi) che potrebbero permettere la gravidanza a chi è affetto da endometriosi. Nessuna di queste tecniche, tuttavia, può garantire il successo. Ogni decisione è da concordare, caso per caso, insieme ai medici specialisti e con il consenso consapevole della donna.
Infatti fondamentale è la personalizzazione delle procedure, come chiarisce la Fondazione italiana endometriosi sul proprio sito. Ad essere molto complessa è, spesso, anche la diagnosi. Si registra infatti ancora un ritardo medio di 6 anni nella diagnosi per una patologia che colpisce in media il 10% delle donne. Costrette dal dolore delle mestruazioni a saltare la scuola o ad andarci imbottite di farmaci, a non fare sport e a rinunciare alle uscite con gli amici, se cadono nei giorni del ciclo. Ma soprattutto non credute dalla famiglia e spesso non prese sul serio dagli stessi medici: è il calvario di molte giovani donne con endometriosi. Il 64% delle ragazze con dolore pelvico associato al ciclo mestruale, infatti, ha già l’endometriosi, ma non lo sa e convive con la sofferenza di questa patologia. Un atteggiamento di rassegnazione, supportato da una società che tende a minimizzare le mestruazioni dolorose, anche quando diventano un disturbo debilitante che interferisce con la normale vita quotidiana, fino a interrompere l’attività scolastica, in media per 19 giorni l’anno. “Soffrire non è normale: ribellatevi alle vostre mamme e nonne quando vi dicono di sopportare il dolore e anche al medico, se vi dice che è tutto a posto ma voi continuate a stare male. La rassegnazione alla sofferenza allunga di tre volte il ritardo nella diagnosi”. A lanciare questo appello provocatorio è Marcello Ceccaroni, Direttore del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’IRCCS Negrar, che ha messo a punto una tecnica chirurgica mini invasiva, di recente premiata dalla Società Mondiale di Chirurgia Laparoscopica Ginecologica, in grado di ridurre dal 37% al 4% le disfunzioni pelviche, migliorando la qualità di vita di migliaia di pazienti su scala globale.
Conclusioni
L'endometriosi può determinare sterilità, ma non nel 100% dei casi. Ciò accade infatti nel 30-40% dei casi. Non è dunque detto che una donna affetta da endometriosi non possa diventare madre, ma talvolta è più difficile e richiede un percorso mirato e personalizzato. Le ragioni della riduzione della fertilità dipendono dagli effetti negativi dell’infiammazione del tessuto ovarico sano e della eventuale distorsione della normale anatomia pelvica determinata da aderenze e fibrosi. Una possibilità è anche quella di crioconservare gli ovociti in giovane età. La crioconservazione offre infatti alle giovani pazienti che non cercano una gravidanza a breve termine la possibilità di poter raccogliere e conservare in una banca biologica un proprio pool di ovociti congelati.
Fonti
Dottore ma è vero che , Federazione nazionale ordini dei medici (Fnomceo)
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