La Cina ha rinnovato l'invito agli Stati Uniti per avviare un dialogo, con l'obiettivo di "trovarsi a metà strada" nell'affrontare le crescenti tensioni commerciali. Questo nel giorno dell'entrata in vigore dei suoi controdazi all'84% sui beni americani e della stretta su Hollywood con il proposito di acquistare un minor numero di film, il soft power a stelle e strisce nel mondo. Mentre i titoli del Tesoro americano mostrano ulteriori segnali di tensione e lo yuan continua la sua marcia al ribasso.
Le tariffe mandarine non sono state corrette al rialzo per pareggiare il 21% ulteriore deciso mercoledì dal presidente Donald Trump, fino al 125%. Anzi, la Casa Bianca ha riferito che l'aliquota totale sull'import del made in China è ora al 145%, includendo il 20% deciso per il fentanyl. Si tratta di livelli troppo elevati che cominciano ad assumere un significato oltre la guerra commerciale. I nuovi dazi sul Dragone, ha notato Alicia Garcia Herrero, capo economista per l'Asia Pacifico di Natixis, "non hanno più importanza. Sono già troppo alti e la Cina non potrà più esportare negli Usa. Dimostrano la determinazione di Trump, riflettono il fatto che la sua amministrazione vuole separarsi dalla Cina a tutti i costi". In questo contesto rientrerebbero anche i visti revocati agli studenti cinesi negli Stati Uniti anche senza chiare spiegazioni, di cui ha dato conto il Wall Street Journal.
Comunque, la portavoce del ministero del Commercio cinese He Yongqian, ha ribadito che "il dialogo ha principi e la consultazione ha un risultato finale. Non accetteremo mai pressioni estreme e bullismo da parte degli Stati Uniti", ma ha invitato Washington a "incontrarsi a metà strada".
Difficile che almeno per ora possa accadere, visto il peggioramento del clima. La portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning ha postato su X spezzoni di un video anti-Usa di un intervento di Mao Zedong dell'epoca della Guerra di Corea, segnalando l'irrigidimento delle posizioni di Pechino. Il segretario americano al Commercio Howard Lutnick, per altro verso, ha detto candidamente di non avere alcun contatto con la Cina, né lo ha fatto il segretario al Tesoro Scott Bessent, perché Trump vuole negoziare solo con Xi Jinping. "Se riusciamo a ottenere un contatto, lo passeremo al presidente, e la questione riguarda davvero lui", ha aggiunto Lutnick, parlando con i media Usa. Ma gli incontri tra leader, anche telefonici, sono preparati da Pechino con puntiglio, fin nei minimi dettagli. E non incoraggia la posizione del tycoon: "Xi è intelligente, faremo un buon accordo".
Altre note preoccupanti emergono dai mercati. La Cina ha agevolato anche oggi la svalutazione del renminbi scivolato ai minimi dal 2007 sul dollaro, a 7,3518, prima di risalire sull'indiscrezione che i leader di Pechino valuteranno altre misure di stimolo in risposta ai dazi Trump. La Banca centrale cinese ha abbassato per sei giorni consecutivi, seppure moderatamente, il suo fixing, a dimostrazione di una graduale svalutazione della sua moneta per sostenere l'export.
Ma è sui T-bond che la questione si complica, con i rendimenti oscillati ieri in modo anomalo su una regia ignota, ufficialmente. "La Cina sembra disposta a vendere titoli del Tesoro Usa, anche se ciò significa assorbire perdite di capitale. E sembra che non serva molto per aumentare di parecchio il tasso decennale", ha postato su X l'ex capo economista dell'Fmi Olivier Blanchard. "Detto questo, raddoppiare i dazi Usa sull'import cinese non sembra una strategia vincente. Dato il suo regime politico, in un gioco del pollo, l'autocrazia cinese può assorbire le cattive notizie più a lungo di quanto possa fare l'amministrazione Trump".
Intanto, Goldman Sachs ha rivisto al ribasso dello 0,5% le stime del Pil cinese per il 2025 e il 2026, rispettivamente al 4% e al 3,5%. E gli economisti vedono ora, con il Dragone in piena deflazione, i rischi crescenti di stagflazione: uno yuan più debole, unito ai dazi, può far salire il prezzo del carburante e di altre importazioni, proprio mentre l'economia è in stallo, provocando una stagnazione.
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