L'Umbria si scopre ricca di
mattoni, ma povera di offerte. Secondo i dati aggiornati della
Borsa immobiliare della Camera di commercio, sul territorio
regionale sono registrate oltre 377.000 abitazioni, una densità
elevata rispetto alla popolazione residente. Eppure, chi cerca
casa - studenti, giovani coppie, famiglie monoreddito o
lavoratori a progetto - si imbatte sempre più spesso in un
deserto abitativo.
Il 20% del patrimonio è classificato come seconda casa, e
nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di immobili
inutilizzati per gran parte dell'anno, oppure affittati solo per
periodi saltuari. Ma il nodo cruciale - riferisce la Camera di
commercio - resta la qualità: oltre il 60% delle abitazioni
umbre è in classe energetica F o G, il che significa isolamento
insufficiente, consumi elevati, scarsa efficienza e, a partire
dal 2030, rischio di esclusione dal mercato secondo gli
obiettivi europei del Green Deal.
"Non è una questione di scarsità, ma di accessibilità reale
- chiarisce Paola Berlenghini della Borsa Immobiliare
dell'Umbria - tanti proprietari non vogliono affittare, non
perché manchi la domanda, ma perché temono di perdere il
controllo dell'immobile: morosità, tempi biblici per ottenere lo
sfratto, mancanza di garanzie concrete. Serve un nuovo patto di
fiducia, altrimenti resteremo prigionieri di un mercato
sterile".
Secondo l'analisi della Borsa immobiliare chi oggi cerca
casa in Umbria "è costretto ad affrontare un mercato
schizofrenico, dove la forbice tra offerta e domanda non si
colma, ma si allarga". I canoni sono sempre più lontani dalle
possibilità di studenti e lavoratori precari, e in cambio si
ottiene spesso poco: immobili vecchi, spazi ristretti, vincoli
contrattuali rigidi.
In centro storico, per un trilocale arredato si pagano tra
i 400 e i 700 euro al mese, ma con richieste considerate "spesso
esorbitanti" su caparre, referenze o addirittura sugli orari di
rientro.
In campagna, soprattutto nelle zone pregiate del Trasimeno o
della Valnerina, si sfiorano i 1.500 euro, e in alcuni casi si
toccano i 3.000 euro al mese per casali ristrutturati.
"Il punto - osserva ancora Berlenghini - è che il mercato si
è adattato a un modello che privilegia il guadagno mordi e
fuggi. Chi cerca stabilità, dignità abitativa, spazi esterni e
flessibilità, trova invece un muro di resistenze, prezzi
irragionevoli e contratti blindati".
Un segmento in crescita è quello degli affitti di media
durata: tra i due e i dodici mesi. Questa formula attira
studenti internazionali, insegnanti fuori sede, lavoratori in
smart working o professionisti temporanei. È una nicchia che si
sta ampliando - spiega la Camera di commercio -, ma non basta a
compensare il crollo delle locazioni stabili. I prezzi anche qui
sono "in forte rialzo". In centro città, da 450 a 800 euro
mensili; in campagna, tra 1.300 e 2.900 euro. Con amenti medi
del 20% negli ultimi sei mesi.
"Il transitorio è il futuro del mercato - ribadisce
Berlenghini - ma serve una cornice normativa leggera,
flessibile, e soprattutto digitale. Le famiglie giovani oggi si
muovono su piattaforme, si aspettano risposte rapide, contratti
chiari e spese trasparenti". Nell'analisi si sottolinea che la
legge che regola il mercato delle locazioni, la 431/1998, ha
ormai 27 anni. "È nata in un contesto completamente diverso -
viene spiegato -, quando la sharing economy non esisteva, le
case si cercavano sui giornali e lo sfratto era l'extrema ratio.
Oggi è un freno". "È una legge vecchia, inadatta, che non tiene
conto della realtà - accusa Berlenghini -. Va riscritta da capo.
Bisogna introdurre procedure di sfratto rapide, tutele
reciproche, incentivi reali per chi decide di affittare a lungo
termine". Le soluzioni-tampone - come i bonus temporanei o le
agevolazioni occasionali - non bastano più. Senza una riforma
organica, il mercato continuerà a premiare solo il breve termine
e a penalizzare le famiglie.
La proposta sul tavolo della Borsa immobiliare è chiara:
servono patti locali tra Comuni e proprietari. Un'alleanza
fondata su reciproci impegni: il Comune offre sgravi fiscali,
semplificazioni burocratiche, servizi pubblici efficienti
Il proprietario si impegna a destinare l'immobile a uso
residenziale per almeno 5 anni. "Dare garanzie a chi affitta -
sottolinea Berlenghini - significa garantire la vivibilità del
territorio. Un centro storico è tale solo se ci abitano
famiglie, bambini, lavoratori. Non se è un museo a cielo aperto
pieno di valigie con le rotelle".
Accanto a questo - si legge nella nota -, "diventa urgente
avviare una grande operazione di rigenerazione del patrimonio
edilizio, sia pubblico sia privato: riqualificare gli edifici
dismessi, ristrutturare i borghi abbandonati, creare un circuito
virtuoso tra università, investitori e territori". "La casa è un
diritto, insieme al lavoro - conclude Berlenghini -. E una città
è vera solo se è abitata, vissuta, attraversata ogni giorno.
Altrimenti resta una cartolina".
"Il rischio per l'Umbria è quello di trasformarsi in una
regione perfetta per il turismo - sottolinea la Borsa
immobiliare -, ma invivibile per chi ci lavora. Il tempo per
invertire la rotta è adesso. Servono coraggio politico,
strategie territoriali e una visione di lungo periodo. Perché
ogni casa lasciata vuota non è solo un'opportunità mancata: è un
pezzo di comunità che si sgretola".
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