Il titolo della miniserie su Disney+ dal 4 aprile, Dying for Sex, svela fin da subito due degli ingredienti fondamentali di questa storia da non perdere: morte e sesso. Molly Kochan ha da poco superato i 40 anni ed è in terapia con il marito ("non mi tocca da tre anni", ammette lei), quando le squilla il telefono. È il medico che le conferma la diagnosi di un cancro incurabile. Molly scappa dalla seduta, abbandona il compagno crocerossino e decide che, prima di morire, esplorerà il piacere che finora non ha mai provato.
Nel titolo, però, manca un elemento fondamentale che sostiene e accompagna questa ricerca: l'amicizia. Pura, profonda, un legame "finché morte non ci separi" tra due donne: Molly (Michelle Williams), decisa a dare spazio al desiderio in ogni minuto che le rimane, e Nikki (Jenny Slate), che capisce il suo bisogno, non la giudica, non la tratta da malata terminale e riesce a starle accanto fino all'ultimo respiro.
A rendere gli otto splendidi episodi non un grottesco o violento tentativo di ridere su una tragedia, ma un percorso intelligente, profondo e autentico, c'è il fatto che Molly e Nikki sono persone reali. La loro storia è vera.
Dying for Sex è anche il titolo di un podcast di successo del 2020, con cui Nikki Boyer ha reso omaggio all'amica deceduta qualche mese prima, dopo aver registrato per mesi le loro conversazioni, un compendio involontario sull'amicizia tra donne, quella sintonia profonda che ti porta a parlare di tutto, a dissacrare tutto, a ridere e piangere insieme, anche della morte, se serve. "Il cryghing", coniano un termine che unisce i due verbi in inglese Williams e Slate, mentre si tengono per mano in conferenza stampa.
"La consapevolezza della morte nelle nostre vite può aiutarci a vivere appieno. Molly decide di morire come vive, cercando di essere ricettiva, curiosa di se stessa e al posto di comando. Questa è stata per me la lezione", riflette Michelle Williams davanti ai giornalisti della Critics Choice Association.
L'attrice, che dopo il ruolo della ribelle nella serie adolescenziale Dawson's Creek, ha costruito una carriera senza passi falsi (da I segreti di Brokeback Mountain, a Marilyn, a Manchester by the Sea, per cinque nomination agli Oscar a 44 anni), aggiunge: "Il podcast mi ha fatto innamorare perdutamente di Nikki, di Molly, della loro amicizia. Ho pensato: 'Wow, non ho mai visto niente del genere. Voglio farlo!'. Poi sono rimasta incinta e abbiamo dovuto mettere in pausa il progetto, non è certo un ruolo che puoi interpretare quando sei in gravidanza!", sorride alludendo alle numerose sequenze di sesso.
"Sapevo che ci sono scene di questo show che porterò con me fuori dal set", prende la parola Slate, veterana delle commedie.
"Penso che la lezione sia di non rifiutare la complessità dell'esistenza, di accoglierla con le sue sfumature, per guardare l'intero quadro".
Ecco che il titolo della serie scritta e creata da Kim Rosenstock e Elizabeth Meriwether, sebbene così esplicito con quei due concetti apparentemente opposti, diventa riduttivo per questo inno alla pace con sé stessi, alla bellezza di vivere ogni giorno, fino in fondo.
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