Danilo Ciolli, forse oggi, avrebbe
realizzato il suo sogno di lavorare come fisioterapista per
'Medici Senza Frontiere', invece la sua vita si è fermata alle
3:32 del 6 aprile di sedici anni fa, a L'Aquila dove il
terremoto ridusse a un cumulo di macerie anche la palazzina di
via generale Francesco Rossi in cui il 25enne di Carovilli
(Isernia) si era trasferito sette mesi prima.
Era felice Danilo per quel voto, 30/30, riportato all'esame
sostenuto prima delle vacanze di Pasqua e aveva tranquillizzato,
al telefono, la madre che gli aveva chiesto di uscire
dall'appartamento. "Mi disse che tutti erano rimasti in casa -
ha ricordato la madre Maria Santini -, nonostante una forte
scossa di terremoto poco dopo le 23:00 del 5 aprile. Così, io e
mio figlio Danilo, ci salutammo dandoci, come sempre, la
buonanotte e quella fu l'ultima volta che ci siamo parlati".
La signora Maria, con il marito e la figlia Laura, ha
raggiunto il capoluogo abruzzese per partecipare alla
commemorazione delle 309 vittime del sisma. "Per me, e per tutte
le mamme che hanno perso i figli - ha detto -, questi sono i
giorni in cui si rivive la Via Crucis della mattina del 6 aprile
2009, ma il legame che c'è tra una madre e un figlio neppure la
morte lo può spezzare, così grazie alla forza di questo legame
vado avanti, come dire riesco a sopravvivere".
Per una pura casualità Laura, la sorella di Danilo, non era
lì. C'erano però altri ragazzi molisani che vivevano in
appartamenti dello stesso quartiere: Elvio Romano, Vittorio
Tagliente e Michele Iavagnilio morti come Danilo. "Con i loro
genitori eravamo di fronte a quella devastazione - ha proseguito
Maria - ma nei nostri cuori c'era la speranza. Poi alle 19:15 la
mia vita finì: la ottantesima vittima era mio figlio".
Prima della scossa di magnitudo 6.3 ce ne erano state molte
altre, era in corso da settimane uno sciame sismico. "Purtroppo
i ragazzi furono rassicurati dalla Protezione civile - ha
commentato la signora Maria". La famiglia Ciolli rifiutò i
funerali di Stato e volle riportare la salma di Danilo a casa.
C'era tantissima gente nella piazza di Carovilli ad accoglierlo,
quella stessa piazza dove sua sorella Laura e gli amici
dell'Associazione, che porte il nome del ragazzo ogni estate lo
ricordano con la musica del Festival 'Nuvole…chitarre e note'.
"Lui amava la musica, era il modo in cui comunicava le sue
emozioni. E sono felice che lo ricordino così - ha detto la
madre".
Nelle prime fasi del processo, dopo il terremoto, i familiari
di Danilo si costituirono parte civile, ma dopo due udienze
rinunciarono. "Era come vedere ammazzare i nostri figli un'altra
volta - ha spiegato Maria -, erano trattati come numeri. Poi è
andata a finire con tutti assolti tra cui anche un ingegnere che
aveva lavorato all'ampliamento della palazzina dove viveva
Danilo. Lui in sede di processo disse che era un condannato come
noi perché nel crollo morì sua figlia. L'ultima volta che siamo
andati a L'Aquila abbiamo notato una cosa strana cioè che la
palazzina non è stata ricostruita".
Tra poche ore ci sarà la fiaccolata silenziosa e la
struggente lettura dei nomi delle vittime, ma secondo la signora
Maria "La commemorazione è cambiata negli anni, c'è meno
partecipazione, gli aquilani voglio andare avanti e riprendersi
la loro città. E' giusto che sia così, ma da madre faccio un
appello a non dimenticare le vittime rispettando le norme di
sicurezza quando si costruisce, altrimenti la morte di mio
figlio e di altre 308 persone sarà stata inutile".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA