Nel Pontificale di Pasqua
l'Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha paragonato
i fedeli di oggi ai "cinquecento" senza nome a cui Cristo
apparve dopo la resurrezione, come narra l'apostolo Paolo:
persone non meritevoli di citazione, ricordo o considerazione,
ma che sono come una piccola lampada accesa per dire "Il Signore
è vivo, è risorto, è qui".
"Forse noi possiamo considerarci tra questo gruppo numeroso e
indistinto, il gruppo dei cinquecento. Coloro che non c'è
bisogno di nominare, che non si sono distinti per opere
importanti, per discorsi memorabili, per storie di santità e
che, nella storia, sono scomparsi senza lasciare traccia", ha
detto in un Duomo gremito di fedeli, nella sua omelia, monsignor
Delpini, dopo aver celebrato la prima messa del giorno tra i
detenuti di San Vittore.
"La grazia di questo Anno santo, del Giubileo, è offerta a
tutti anche qui, in questa Cattedrale che è chiesa giubilare,
perché qualunque sia la nostra storia, possa sperimentare lo
stupore di essere visitata dal Signore, trasfigurata in luce, e
poter ardere come un segno perché nell'umanità ci sia una parola
che dice: 'Qui c'è il Signore'. Per questo possiamo coltivare la
speranza", è stato l'augurio di monsignor Delpini, che ha
pranzato con gli ospiti dell'Opera Cardinale Ferrari e nel
pomeriggio presiederà, sempre in Duomo, i Secondi Vesperi
Pontificali e la processione al Fonte. "Auguro giorni di Pasqua
intensi e lieti - ha concluso -. Che il Signore possa infondere
nei nostri cuori lo Spirito, con la sua gioia e la sua carità,
possa accendere una piccola luce in noi, perché possiamo dire,
Gesù è risorto, io l'ho incontrato: egli è vivo e cammina con
noi. Siate tutti benedetti".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA