(di Anna Laura Bussa)
Donne che raccontano altre donne
attraverso l'arte, la cultura, l'artigianato e anche
l'imprenditoria. Tutto comincia circa 10 anni fa con Antonella
Alotto, una signora piemontese che vive a lungo in Uzbekistan
dove il marito lavora come ingegnere. A Tashkent vede come si
lavora la seta, come si tessono stoffe con telai d'altri tempi e
come si realizzano ricami preziosi con fili colorati
naturalmente con la curcuma, il tè o il melograno. Ne resta
incantata e a Beltepà, uno dei quartieri più poveri della
capitale uzbeka, conosce Nigora una sarta che le insegna i
trucchi di una tessitura che risale alla notte dei tempi. Così,
insieme alle figlie Cecilia, laureata in fashion design e a
Giulia, esperta di comunicazione interculturale, decide di
trasformare questa conoscenza in un'impresa alla quale dà il
nome di Beltepà, anche in memoria di Nigora che ora non c'è più.
"L'idea - racconta Cecilia - è stata quella di unire una
tradizione così importante con il design italiano", trasmettendo
anche in Italia e in Europa la cultura delle donne uzbeke
attraverso abiti e capi di abbigliamento che parlano di storia,
di cose preziose e di sorellanza. Già perché tra le donne di
Tashkent e Antonella, Cecilia e Giulia si crea una sorta di
sodalizio che ancora dura negli anni. "Abbiamo un bellissimo
rapporto con loro - spiega Cecilia - cerchiamo di portare in
giro il loro artigianato e di farlo conoscere al mondo perché ha
un valore inestimabile e lo trasformiamo dandogli un gusto un
po' più italiano che è il gusto che ci contraddistingue". "Poi -
prosegue - quando torniamo a Tashkent e ci ritroviamo, ci
raccontiamo e portiamo le foto di quello che riusciamo a
realizzare tutte insieme. E loro sono contentissime perché loro
in queste stoffe ci mettono tutto, a cominciare dai loro sogni".
"E' come se fossero dei fogli bianchi sui quali scrivono la loro
vita, la loro storia e anche il loro desiderio di riscatto"
osserva ancora Cecilia che descrive con affetto anche il modo in
cui l'intera famiglia di queste donne si prende cura dei bachi
da seta dandogli da mangiare le foglie di gelso stese sui tavoli
da pranzo. Perché prima di arrivare al tessuto finito "ci sono
almeno 37 passaggi" da mettere a punto, "tra cui la filatura
della seta. Per non parlare dei disegni a carboncino e del
"complicato calcolo matematico" che si devono fare per capire
come verrà poi il disegno finito sulle stoffe. Ma nell'era della
fast fashion, dei capi usa e getta, non è facile conservare
questo patrimonio di cultura e tradizione che sta cambiando
anche in Uzbekistan. "Noi faremo di tutto - assicura Cecilia -
per preservare tale ricchezza perché penso che soprattutto
l'occidente debba capire che se si vuole guardare davvero al
futuro è necessario custodire ciò che vale del passato. Un tuffo
nella storia per un domani migliore".
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