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Il sogno di Beltepà, storia di donne tra arte e cultura

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Il sogno di Beltepà, storia di donne tra arte e cultura

Dalla Via della Seta a Torino, la forza della sorellanza

ROMA, 13 maggio 2025, 15:44

Redazione ANSA

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(di Anna Laura Bussa) Donne che raccontano altre donne attraverso l'arte, la cultura, l'artigianato e anche l'imprenditoria. Tutto comincia circa 10 anni fa con Antonella Alotto, una signora piemontese che vive a lungo in Uzbekistan dove il marito lavora come ingegnere. A Tashkent vede come si lavora la seta, come si tessono stoffe con telai d'altri tempi e come si realizzano ricami preziosi con fili colorati naturalmente con la curcuma, il tè o il melograno. Ne resta incantata e a Beltepà, uno dei quartieri più poveri della capitale uzbeka, conosce Nigora una sarta che le insegna i trucchi di una tessitura che risale alla notte dei tempi. Così, insieme alle figlie Cecilia, laureata in fashion design e a Giulia, esperta di comunicazione interculturale, decide di trasformare questa conoscenza in un'impresa alla quale dà il nome di Beltepà, anche in memoria di Nigora che ora non c'è più.
    "L'idea - racconta Cecilia - è stata quella di unire una tradizione così importante con il design italiano", trasmettendo anche in Italia e in Europa la cultura delle donne uzbeke attraverso abiti e capi di abbigliamento che parlano di storia, di cose preziose e di sorellanza. Già perché tra le donne di Tashkent e Antonella, Cecilia e Giulia si crea una sorta di sodalizio che ancora dura negli anni. "Abbiamo un bellissimo rapporto con loro - spiega Cecilia - cerchiamo di portare in giro il loro artigianato e di farlo conoscere al mondo perché ha un valore inestimabile e lo trasformiamo dandogli un gusto un po' più italiano che è il gusto che ci contraddistingue". "Poi - prosegue - quando torniamo a Tashkent e ci ritroviamo, ci raccontiamo e portiamo le foto di quello che riusciamo a realizzare tutte insieme. E loro sono contentissime perché loro in queste stoffe ci mettono tutto, a cominciare dai loro sogni".
    "E' come se fossero dei fogli bianchi sui quali scrivono la loro vita, la loro storia e anche il loro desiderio di riscatto" osserva ancora Cecilia che descrive con affetto anche il modo in cui l'intera famiglia di queste donne si prende cura dei bachi da seta dandogli da mangiare le foglie di gelso stese sui tavoli da pranzo. Perché prima di arrivare al tessuto finito "ci sono almeno 37 passaggi" da mettere a punto, "tra cui la filatura della seta. Per non parlare dei disegni a carboncino e del "complicato calcolo matematico" che si devono fare per capire come verrà poi il disegno finito sulle stoffe. Ma nell'era della fast fashion, dei capi usa e getta, non è facile conservare questo patrimonio di cultura e tradizione che sta cambiando anche in Uzbekistan. "Noi faremo di tutto - assicura Cecilia - per preservare tale ricchezza perché penso che soprattutto l'occidente debba capire che se si vuole guardare davvero al futuro è necessario custodire ciò che vale del passato. Un tuffo nella storia per un domani migliore".
   

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