Esplosioni di raggi X dieci volte più luminose e cento volte più energetiche di quelle osservate normalmente hanno segnato il risveglio di un buco nero supermassiccio che si trova al centro di una galassia distante 300 milioni di anni luce. Dopo decenni di inattività, nel 2019 si è improvvisamente illuminato e nel 2024 ha iniziato a produrre lampi di raggi X senza precedenti, attirando l’attenzione degli astronomi. Da allora il buco nero è stato osservato costantemente da più telescopi spaziali, fra i quali XMM-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Astronomy, è stata coordinata dal Millennium Institute of Astrophysics (Mas), al quale fanno capo cinque università cilene, e dall'Università di Valparaíso. L'Italia ha partecipato con l’Istituto Nazionale di Astrofisica.
“Questo raro evento offre agli astronomi l’opportunità di osservare il comportamento di un buco nero in tempo reale utilizzando telescopi spaziali a raggi X", dice la coordinatrice della ricerca Lorena Hernández-García. "È la prima volta - aggiunge - che osserviamo un evento del genere in un buco nero che si sta risvegliando”.
Secondo le ipotesi attuali, i lampi di raggi X emessi a intervalli di tempo più o meno regolari, come quelli osservati in questo caso, sono causati da un oggetto come una stella o un piccolo buco nero catturato dall’attrazione gravitazionale del buco nero più grande, che ne strappa via pian piano la materia di cui è composto. In questo caso, però, non ci sono prove che sia avvenuto un simile evento e ciò ha spinto i ricercatori a considerare altre possibilità: per questo particolare buco nero, che è stato soprannominato Ansky, le esplosioni di raggi X potrebbero essere causate da violente perturbazioni del disco di accrescimento che lo circonda, provocate forse da un oggetto che attraversa il materiale in orbita. Un’altra anomalia è costituita dall’assenza di emissioni radio.
“Nonostante la notevole attività nella banda dei raggi X, Ansky risulta ancora sopito nella banda radio”, commenta Gabriele Bruni dell’Inaf, tra gli autori dello studio: “Nei prossimi mesi continueremo a tenerlo d'occhio per scovare la possibile nascita di un getto di questo tipo, come già verificato in altri casi di nuclei galattici attivi riattivati”.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA