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ANSAcom - In collaborazione con Fondazione Solidale Cottolengo
Una volta la si definiva "una città nella città", con la sua scuola, l'ospedale, i centri di assistenza e le strutture per anziani. E ancora oggi quello che per tutti i torinesi è 'il Cottolengo', porta avanti la sua opera di sostegno e aiuto a tutto tondo, fornendo servizi educativi, sociali, sanitari, sostenuti dallaFondazione Cottolengo Solidale Ets, grazie alledonazioni.
A parlare è il padre generale della Piccola Casa della Divina Provvidenza, padre Carmine Arice. "Nel tempo - spiega - sono cambiate le tipologie di persone che vengono assistite, una volta ad esempio la presenza di persone con disabilità anche molto gravi era molto più alta, oggi accogliamo molte persone anziane, non autosufficienti o con disabilità: il tema anziani è diventato veramente l'urgenza del nostro tempo. Tra i circa 1.600 ospiti che abbiamo nelle nostre Case, per progetti particolari per situazioni di maggiore indigenza il numero va dalle 400 alle 500 persone".
Cottolengo, storicamente, vuol dire anche assistenza sanitaria. "Anche sull'ospedale - sottolinea padre Carmine - abbiamo fatto la scelta di non tenere solo le specialità più remunerate, ad esempio quelle chirurgiche, ma abbiamo investito parecchio anche sulle specialità di medicina, oncologia, e abbiamo aperto recentemente un hospice a Chieri con 21 posti letto. Tutto questo ci porta a non guardare solo a ciò che è sostenibile attraverso quelli che possono essere i contributi regionali, ma al bisogno delle persone e non lasciare nessuno fuori. Abbiamo aperto anche un ambulatorio medico - aggiunge -, il 'Granetti', per chi ha bisogno delle cose più ordinarie, come misurare la pressione, fare una puntura, incontrare un medico.
Pensavamo che sarebbe stato frequentato soprattutto da persone straniere, invece abbiamo molti italiani". E poi c'è l'accoglienza diurna della mensa, che eroga dai 250 ai 300 pasti al giorno. E anche in questo caso l'utenza è cambiata negli anni. "Una volta - ricorda padre Carmine - erano soprattutto persone non italiane, oggi sono molti anche gli italiani, qualcuno anche con un lavoro, ma che viene a mangiare qui perché dice che quello che guadagna gli serve a malapena a sostenere la famiglia". Una "città nella città", dunque, "possibile grazie a coloro che credono in quello che facciamo e che ci sostengono attraverso la Fondazione Cottolengo Solidale", conclude padre Carmine.
ANSAcom - In collaborazione con Fondazione Solidale Cottolengo
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